In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Vennero da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze, quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo porta via qualcosa alla stoffa vecchia e lo strappo diventa peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!» (Marco 2,18-22).
Il primo digiuno canonico, dal quale si sarebbero sviluppati tutti gli altri, fu quello dei giorni che precedono immediatamente la Pasqua, e la ragione che fu addotta per esso fu precisamente «perché in quei giorni è stato tolto lo Sposo» (Tertulliano, Sul digiuno, 2,2). Solo più tardi sarebbe stata aggiunta la motivazione della penitenza per i peccati.
Diversamente, il digiuno è diventato oggi una pratica ambigua. Nell’antichità si conosceva solo il digiuno religioso. Oggi esiste il digiuno politico e sociale (scioperi della fame), un digiuno igienico o ideologico (vegetariano), un digiuno patologico (anoressia), un digiuno estetico (dove spesso mortifichi la gola e innalzi la superbia), un digiuno forzato (per chi muore di fame).
Vi sono due soli giorni dove la Chiesa prescrive digiuno obbligatorio: il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì santo. Questa riduzione è un fatto positivo, perché un’eccessiva casistica porterebbe inevitabilmente a far scadere il digiuno a pratica legalistica. Anche preghiera ed elemosina devono essere pratiche spontanee, non certo abbandonate.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2043) evidenzia i motivi dell’utilità del digiuno: digiuno e astinenza «ci preparano alle feste liturgiche e a farci acquisire il dominio sui nostri istinti e la libertà di cuore». È il grande rimedio al materialismo e al consumismo a oltranza. Il digiuno ci aiuta a non lasciarci travolgere dall’andazzo che riduce gli esseri umani a consumatori, ci aiuta ad acquistare quel prezioso frutto dello Spirito Santo che san Paolo chiama «dominio di sé»(Gal 5,22). Un prefazio quaresimale, rivolgendosi a Dio, fa questo elogio del digiuno: «Con il digiuno quaresimale tu vinci le nostre passioni, elevi lo spirito, infondi la forza e doni il premio».