In quel tempo, Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo.
Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati, vieni qui in mezzo!». Poi domandò loro: «È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?». Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: «Tendi la mano!». Egli la tese e la sua mano fu guarita.
E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire (Marco 3,1-6).
Questa breve pagina del Vangelo ci dona un piccolo ma eloquente campionario di sentimenti autenticamente e intensamente umani che fiammeggiavano nel cuore di Cristo. C’è in primo luogo la franchezza, con la quale viene affrontata l’ostilità dei farisei e l’atmosfera di malessere che quel giorno era percepibile nella sinagoga. «Vieni qui in mezzo!»: questa frase è una dichiarazione di guerra, o per lo meno un’esplicita provocazione. Gesù costringe i suoi avversari a uscire allo scoperto, preferisce la chiarezza alle manovre sotterranee. Si volge verso i farisei con sguardo indignato e penetrante. Qui Gesù si accende di sdegno.
Non sempre l’ira è cattiva: è buona quando c’è una buona ragione per adirarsi. Qui la ragione è il comportamento abominevole di chi non esita a strumentalizzare la sofferenza umana, piegandola al servizio dell’ideologia preferita e delle proprie faziosità; è il coraggio sciagurato di usare la speranza di uno sventurato per elaborare un progetto di denuncia e di condanna. Il Salvatore si rattrista osservando dei figli d’Israele storpiare la sacra Legge di Mosè, che ben conoscevano, per volgersi al proprio gretto tornaconto: conoscendo la misericordia di Gesù, sanno che non resisterà innanzi alle sofferenze del prossimo, e vanno a colpo sicuro. Gesù, infatti, cade nella trappola – ai loro occhi – e attua la guarigione.
Il Figlio di Dio sa essere compassionevole e sa entusiasmarsi, sa essere affabile ed energico. Padrone di sé, ma non freddo fino al cinismo. Libero, ma tutt’altro che indifferente alle situazioni concrete. Si raccoglie verso suo Padre, ma non è assente dal concreto. Sa piangere, ma anche accettare il prossimo con i suoi limiti e peccati, nell’attesa che il Padre apra i loro cuori. Nessun registro manca nell’organo dell’autentico umanesimo di Gesù. Tutto ciò che di più bello umanamente si possa desiderare, in Lui è presente e squisito, perché Lui è davvero «l’uomo», come disse Pilato alla folla (Gv 19,5).