In quel tempo, Gesù parlò dicendo:
«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi.
Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso». (Mt 23,13-22)
In questa pagina evangelica, san Matteo riporta i primi tre “guai”, rimproveri e ammonimenti, di Gesù agli scribi e farisei, dalla cui falsità e incoerenza aveva messo in guardia le folle già precedentemente nel corso della sua predicazione del regno di Dio e delle condizioni per entrarvi. Diversamente dalla gente, le guide del popolo opponevano, per superbia e invidia, dura e crescente resistenza agli insegnamenti del Maestro di Nazareth, nonostante il fascino e l’ammirazione che avvertivano immediatamente per la sua dottrina e il suo modo di agire di uomo straordinario cioè di Figlio di Dio, come Egli stesso autorevolmente affermava. I primi tre guai riguardano rispettivamente il modo di educare gli Israeliti all’appartenenza religiosa, la conseguente sterilità della loro opera formativa verso i nuovi arrivati (proseliti) e il modo d’intendere il culto rituale. Il comune denominatore, per così dire, che rende vana e motivo di condanna la religiosità degli scribi e dei farisei è la loro deliberata falsità e incoerenza, per cui presumono di essere giusti davanti a Dio solo perché “dicono” bene, anche se poi “non fanno” altrettanto. Gesù smaschera la sicumera farisaica del formalismo spiegando a tutti che è necessaria la conversione personale della mente e del cuore perché ognuno che lo desidera possa entrare nel regno di Dio. Tale mancata o semplicemente rinviata conversione, sempre persistente, non salva e impedisce l’ingresso dei discepoli nel Regno. Infatti, non serve a niente, anzi è causa di rovina eterna nell’Inferno, affannarsi per acquistare proseliti che fanno aumentare il numero dei gregari, ma in realtà non vivono la novità del regno imparando da Gesù che “mite e umile di cuore”, vero servo obbediente del Padre celeste.
Né potrà esibire valido “lascia passare” per il Paradiso chi si contenta di una religiosità esteriore, magari variamente configurata, senza curarsi però di entrare nel Mistero che celebra con il desiderio di rinnovare la propria relazione con Dio e il prossimo nel contesto della Comunione al Corpo di Cristo, come spiega Sant’Agostino di cui oggi ricorre la memoria liturgica. È infatti necessario che ogni celebrazione liturgica, secondo le disposizioni canoniche ecclesiali, sia “punto di arrivo e di partenza” del cristiano secondo la propria vocazione, invece che abitudine, certamente lodevole come condiviso regolare appuntamento, ma biasimevole qualora avulso da una storia personale vissuta secondo il cammino della riforma personale dottrinale, spirituale a servizio dell’evangelizzazione. Del resto, sarà proprio questa autentica vita liturgica ad abilitare il fervente impegno nell’apostolato in rapporto alle sfide di un mondo “sazio e disperato” che ha pur sempre bisogno di testimoni e di maestri rigenerati nel rapporto amichevole e intimo con il Sacro Cuore di Gesù e il Cuore Immacolato di Maria. E sarà questa l’autentica testimonianza che non cercherà di fare proseliti, ma potrà attrarre, secondo la volontà di Dio, in “caritate et veritate” uomini e donne nuovi per un mondo nuovo nella “carità e nella verità”.