In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.
Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.
In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.
Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”». (Lc 10,1-9)
La missione apostolica appartiene a tutti i cristiani, ma in modo particolare a quelli che l’hanno scelta come propria vocazione specifica: sacerdoti, predicatori, missionari. Ci si lamenta sempre che mancano le vocazioni, perciò è sempre attuale l’esortazione di Cristo: “Pregate il padrone della messe!”. Nella Chiesa si prega per le vocazioni sacerdotali, ma queste preghiere vanno interpretate nella giusta maniera. Preghiamo per i sacerdoti che hanno la vocazione di salvare le anime; ma la preghiera stessa è già un’opera apostolica, secondo l’esempio di Cristo. Egli ha predicato due o tre anni, ma nei trent’anni precedenti ha lavorato e pregato, dunque anche questi trent’anni sono stati apostolici. Anche i cristiani che lavorano e pregano sono missionari nel vero senso della parola. Se poi pregano per i sacerdoti, stiano certi che la forza della loro preghiera renderà più efficace la loro missione.