In quel tempo, vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva.
Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Matteo 8,18-22).
Mentre cresceva sempre più la folla di coloro che lo seguivano, Gesù diceva a tutti di convertirsi e credere al Vangelo (cfr. Mc 1,15), scacciava i demoni da quelli che ne erano posseduti e guariva i malati facendosi carico – compiendo le profezie – di tutte le infermità e malattie (cfr. Is 53,4; Gv 1,29). Altre volte insegnava in vari modi a intraprendere la via della perfezione dell’amore (cfr. Mt 5) per andare incontro al Padre celeste sempre misericordioso (cfr. Lc 15), poi proseguiva decisamente per raggiungere altre folle in altre località d’Israele. Non di rado qualcuno, anche da parte degli avversari di Gesù, attratto certamente dal fascino della verità e dall’autorità divina con cui egli insegnava, sentiva il desiderio di seguirlo più da vicino e, uscendo dalla folla, palesava direttamente al Maestro il suo proposito.
È il caso dello scriba e di uno dei tanti discepoli o ammiratori di Gesù dei quali ci informa la pagina evangelica odierna. Allo scriba che con entusiasmo dichiara la totale propria disponibilità ad intraprendere il cammino lungo la sua strada, Gesù spiega molto concretamente che la sua sequela comporta sacrifici, disagi, rinunce e la condivisione con lui del distacco dalle cose e della precarietà dell’esistenza quotidiana. Al discepolo ben intenzionato, ma ancora bloccato dalle incombenze umane, Gesù propone decisamente di cambiare mentalità, posponendo anche gli affetti più intimi alle esigenze del regno di Dio.
Al di là dell’eccessività del linguaggio semitico del suo tempo, Gesù insegna chiaramente che, in qualsiasi stato di vita, la giusta motivazione delle azioni del discepolo risiede nella primaria obbedienza all’amore di Dio. Quest’ordine dell’amore, lungi dal distogliere il discepolo dal compiere i propri doveri, lo rende veramente libero e fecondo (cfr. Mt 10,37 e 15,5-6). La vocazione battesimale accomuna tutti i cristiani nel cammino della perfezione della santità, che concretamente si specifica nelle vocazioni presbiterale, religiosa e laicale. Non meno che nelle altre, è interessante notare la libertà e fecondità della primarietà dell’amore di Dio nella pratica della vasta gamma delle vocazioni laicali nell’ambito della vita personale, individuale, familiare e sociale. Il laico cattolico alimentato dall’amore di Dio, grazie alla pratica e alla cura della vita spirituale in Gesù e Maria, sperimenta nella gratitudine la libertà dei figli di Dio in una società in cui i vari potenti tentano di opprimere gli animi spingendoli all’omologazione verso il ritorno della schiavitù. Mentre dilaga – come diceva il giovanissimo Beato, presto Santo, Carlo Acutis (1991-2006) – il fenomeno di coloro che si lasciano sottrarre l’originalità della filiazione divina, rassegnandosi ad essere fotocopie, il cattolico onora la propria vocazione laicale e vede rinascere attorno a sé, ancora più bello, un mondo vivo di relazioni interpersonali capaci di costruire una civiltà all’insegna dell’unita di fede e vita.
A partire dall’amore di Dio, rinascono ambienti di uomini e donne che, secondo il progetto eterno della Redenzione, condividono efficacemente la scelta di essere alternativi al mondo che muore vittima dell’idolatria di sé stesso. E certamente diventano più vicini i tempi in cui cominciare a gustare i frutti della formazione del laicato cattolico, tanto auspicata e curata dal Magistero della Chiesa sin dal tempo del Concilio Vaticano II (1962-1965) fino ai nostri giorni, secondo anche quanto prevedeva, in lapidaria sintesi, Papa San Giovanni Paolo II (1978-2005): «E, infine, nel contesto della formazione integrale e unitaria dei fedeli laici, è particolarmente significativa per la loro azione missionaria e apostolica la personale crescita nei valori umani. Proprio in questo senso il Concilio ha scritto: “(i laici) facciano pure gran conto della competenza professionale, del senso della famiglia e del senso civico e di quelle virtù che riguardano i rapporti sociali, cioè la probità, lo spirito di giustizia, la sincerità, la cortesia, la fortezza d’animo, senza le quali non ci può essere neanche vera vita cristiana”. Nel maturare la sintesi organica della loro vita, che insieme è espressione dell’unità del loro essere e condizione per l’efficace compimento della loro missione, i fedeli laici saranno interiormente guidati e sostenuti dallo Spirito Santo, quale Spirito di unità e di pienezza di vita» (Esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici, su vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, del 30 dicembre 1988, n. 60; si veda anche Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, del 24 novembre 2013, n. 280).