In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv17,20 – 26).
Si parla tanto, oggi, di unità sociale e politica, superiore a qualunque differenza di cultura e tradizione. Spesso, però, si finisce per essere incanalati verso realizzazioni ideologiche, che poco hanno a che vedere con la verità della vita, che è una premessa assolutamente indispensabile per un’autentica intesa sovranazionale. Soltanto la pienezza della Verità seppe intonare un canto tanto libero da poter essere gustato da tutte le nazioni, senza imporre nulla ad esse. Sono i regimi autoritari che usano l’imposizione come metodo: essi limitano i diritti umani e, alla fine, sono fanatici del “dio denaro”. Quando non si sa come, dove e quando cercare l’unità che viene solo dalla Verità si finisce sempre per tuffarsi nella sorgente di tutti i mali. Gli ideologi immaginano di unire l’intera umanità in un consorzio per vincere assieme il male del mondo. Ognuno dovrebbe sottomettersi a questa unità, con i dovuti atti di obbedienza. Il corpo nel suo intero conta, però, più dell’insieme delle singole parti, ma è lecito considerare la persona umana, con la sua vita spirituale unica e irripetibile, solo come parte di un organismo?
Il Salvatore, prima di ascendere al cielo, diede un comando che tutt’ora è l’unico modo per superare tutte le divergenze, legate ai confini e alle culture: «Andate e battezzate tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19). Questo movimento di fede, che valorizza il singolo e gli dona il potere di diventare figlio di Dio, benedice allo stesso modo la sua socialità,fino a renderlo capace di dare la vita per gli amici. Un vivere sociale che ha trovato il suo culmine nella società cristiana del Sacro Romano Impero, di cui vediamo ancora stupende vestigia nella nostra Europa.
La società organica cristiana guarda ad ogni singolo componente come agli organi nel corpo umano, dando ad ognuno un ruolo legato ai talenti che Dio gli ha donato. Questo è l’autentico “bene comune”, che ognuno realizzi i propri talenti secondo la volontà di Dio.
Ne viene una sola “persona sociale vivente”, come era la Cristianità medioevale, con una sola fede e una sola lingua, arricchita da mille tradizioni e consuetudini locali che l’hanno tutt’altro che soffocata. Quel mondo è bello perché infinitamente vario, specchio dell’onnipotenza di Dio.
L’amicizia, socialità realizzata, si regge sulle virtù: quella supremaè la carità, la cui espressione piena è la vita stessa della Santissima Trinità. Il mondo oggi cerca disperatamente questa unità, che solo la tradizione cattolica e il Magistero pontificio possono dargli. I cristiani possono fare tanto per questa unità, rendendo partecipi gli altri della vita divina, nel mistero delle tre Persone che costituiscono un’Unità sostanziale inscindibile.