Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì. Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita. Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro» (Mt 8,1 – 4).
Poche parole e gesti contenuti da parte del Signore Gesù sono sufficienti per manifestare la volontà salvifica di Dio, al punto da porsi in contatto diretto con le piaghe di un lebbroso. Questa malattia, così deturpante a livello estetico, è simbolo del male e del peccato, che sfigura e rende assai problematiche le relazioni interpersonali. Va sottolineato che allora questa malattia era considerata inguaribile e terribilmente contagiosa. I ricchi spendevano cifre esorbitanti, anche per rimedi che oggi paiono ridicoli, come “l’oro liquido” pur di guarire. Certo, toccando lo stesso lebbroso Gesù travolge tutte le possibili barriere tra il sacro e il profano, tra Dio e il male. Nessuna negazione o fuga dal problema, ma la dimostrazione del più forte amore di Dio, che supera anche il momento estetico più ripugnante, come era vista la lebbra, che causava isolamento sociale e allontanamento anche da Dio, stando alla Legge mosaica.
All’inizio tanti cercavano di nasconderla, ma poi si veniva travolti dalle nefaste conseguenze della malattia. Gesù si è caricato delle nostre colpe, al punto da farsi “lebbroso” perché potessimo essere lavati dal Suo sangue. I lebbrosi vengono presso Gesù e Lui li guarisce con la Sua parola. E’ chiaro il richiamo al grande sacramento della misericordia, che riceviamo confessando i nostri peccati. Anticamente si battezzavano solo gli adulti, dopo una lunga preparazione, unita alla penitenza. Quando si cominciarono a battezzare i bimbi, si iniziò anche a concedere il sacramento della Penitenza o “battesimo delle lacrime”, che per i catecumeni adulti non si riteneva indispensabile, viste le forti convinzioni richieste per il Battesimo. Papa Callisto I, nel 200, iniziò ad assolvere gli adulteri, poi i lapsi, cristiani che si erano allontanati dalla fede durante le persecuzioni di Decio, e gli assassini. Le penitenze erano assai severe, ma ci si rese conto che nessun peccato era indelebile. Il perdono del Signore travolge, però, tutti mali.
Permanere nel peccato è dovuto alla volontà del singolo. Chi si pente prega con Davide: «Purificami con issopo e sarò mondato; lavami e sarò più bianco della neve» (Sal 50,9). Nella vita di san Francesco d’Assisi, vi è un commento bellissimo a questo passo del Vangelo: «Il Signore dette a me, frate Francesco, una santa penitenza: essendo nel peccato, mi pareva amarezza sovrabbondante osservare un lebbroso. Il Signore medesimo mi accostò a loro, per essere misericordioso. Allontanandomi da essi, ciò che mi pareva amaro fu mutato in grande dolcezza. E di poi stetti poco e uscii dal mondo» (FF, 110). Quando il giovane assisiate era ancora nel peccato, Gesù si rese presente a Francesco in quei lebbrosi. Quando Francesco si avvicinò ad uno di loro, trovò la forza di vincere il raccapriccio e lo strinse fra le braccia. Il Signore, presente nei lebbrosi, guarì profondamente frate Francesco dalla lebbra dell’egoismo e lo unì al Suo stesso amore. Questa è la più autentica apertura a Cristo e alla Sua stessa vita!