
In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più quelli della sua famiglia! Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli» (Mt 10,24 – 33)
«Un discepolo non è più grande del suo maestro»: da questa affermazione del Vangelo sono derivate diverse riflessioni sulla possibilità di una rivelazione superiore rispetto a quanto già insegnato da Gesù Cristo. La risposta è assolutamente negativa. Il canone stesso della Bibbia è considerato chiuso fin dal II secolo, con sentenza definitiva a partire dal concilio di Trento (1545-63), quindi non vi saranno altri libri sacri, ispirati da Dio, da aggiungere a quelli odierni, che da quasi venti secoli vengono letti come Parola di Dio.
Qualcosa di nuovo è stato insegnato riguardo alla morte da duemila anni a questa parte? Nulla.. e nulla verrà più insegnato, perché la tomba di Cristo rimasta vuota è un fatto storico, quindi assolutamente vero, che libera l’umanità dal culmine della menzogna.
Nel parlare di sé, Gesù stesso afferma di essere «via, verità e vita», senza alcuna possibile lacuna. La pienezza della divinità si è già integralmente rivelata nella persona di Gesù di Nazareth (Col 2,9), in particolare nell’offerta di Se stesso sul Calvario. Volontà umana e volere divino sono pienamente corrispondenti in Gesù Cristo, che ha conservato un dialogo continuo col Padre suo. Questo è quanto è avvenuto in tutto il percorso terreno del Signore, culminato nel momento terminale della croce, secondo un percorso assolutamente lineare di continua obbedienza e convinta vicinanza al Padre, massime sulla croce. Dio che permette la morte del Figlio è il momento più alto in cui Dio stesso esprime tutto il Suo amore verso le Sue creature. Il Figlio non fa altro che quello che vede dal Padre (Gv 5,19), aderisce pienamente alla Sua volontà.
Nelle tenebre della Passione, una vera e propria anatomia della distruttività umana, Gesù spende parole di pace, libertà e consolazione, proprie di chi sa stare vicino a Dio, soprattutto nel momento della prova: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).
Quando appare qualcosa di negativo, una croce, si può saggiare con mano la qualità della vita cristiana di una persona. Una croce è un impegno ordinato alla nostra capacità di amare, che non sarà mai quella del Maestro, ma può essere portata a termine da Lui, che promette: «Io sarò sempre con voi».