In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città (Mt 10,34 – 11,1).
Conoscendo il Vangelo, è noto che il Messia fu preannunciato come il «Principe della pace» (Is 9, 5). San Paolo afferma di Gesù: «E’ la nostra pace» (Ef 2,14): Egli inaugura il Regno di Dio, che è Lui stesso nella sua «tranquillità nella verità». Chiaramente la predicazione del Vangelo non poteva lasciare indifferenti e neutrali: Egli è posto come segno di contraddizione (Lc 2,34), come pietra dello scandalo in cui inciamperanno coloro che non si aprono alla Sua parola.
Queste espressioni bibliche affermano nella pratica che la pace che Lui porta non è assenza di conflitto, ma frutto della Verità, condivisa dal cuore e coerentemente praticata. La conversione è sempre frutto di una lotta contro il male. Questa lotta sarà costante e quotidiana, soprattutto interiormente. Le buone ragioni della fede vanno cercate e comprese, richiedono sempre una continua conversione. «Vigilate e pregate perché il diavolo, come leone ruggente, va in giro cercando chi divorare» (1Pt 5,8).
Restare fedeli a Gesù, resistendo a questo nemico, comporta necessariamente affrontare ostacoli e incomprensioni, le quali possono sfociare in aperte persecuzioni dovute alle «istituzioni di peccato» (CCC 1869) verso cui è appassionante, per un laico, condurre la buona battaglia sociale e politica sotto il vessillo di Cristo. Le buone istituzioni vanno difese anche applicando un retto spirito militare, perché vi sono peccati contro cui si deve sacrificare anche la vita fisica. Non è affatto raro che ciò avvenga anche tra i propri familiari. Gesù si scaglia contro i rapporti incestuosi, dove Dio non viene posto al primo posto, soprattutto nelle scelte vocazionali, dove nulla contano le tradizioni di famiglia e le aspirazioni dei parenti più stretti quando impediscono il volo libero e spirituale dei figli verso il Signore.
Ciascuno traffichi quei talenti che Dio gli ha dato, chiedendo di aderire sempre alla Sua volontà. Servire il Signore è regnare, mostrando sul viso una luminosità che solo Cristo sa dare. Proprio questo bell’esito umano, legato alle scelte nei confronti delle fede cristiana, che porta sempre a compimento tutte le capacità di una persona, sovrabbondate dalla Grazia, riconduce quasi sempre l’armonia fra quegli stessi familiari che all’inizio erano di ostacolo alla vocazione: essi cambiano atteggiamento, certe volte fino ad imitare, per quello che possono, la scelta dei figli. Non si tratta di una pace inconsistente e apparente, ma di una reale, perseguita con coraggio e tenacia nel quotidiano impegno di vincere il male con il bene (cfr Rm 12,21), pagando di persona il prezzo che la lotta potrebbe comportare.