
In quel tempo, i farisei uscirono e tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Gesù però, avendolo saputo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli li guarì tutti e impose loro di non divulgarlo, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa: «Ecco il mio servo, che io ho scelto; il mio amato, nel quale ho posto il mio compiacimento. Porrò il mio spirito sopra di lui e annuncerà alle nazioni la giustizia. Non contesterà né griderà né si udrà nelle piazze la sua voce. Non spezzerà una canna già incrinata, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia; nel suo nome spereranno le nazioni» (Mt 12,14 – 21).
Viene proposto in questo brano del Vangelo di Matteo il primo dei quattro “Canti del Servo” del profeta Isaia. In questo poema, il servo è presentato come un profeta, oggetto di una missione e una predestinazione divina, animato dallo Spirito, per insegnare a tutta la terra, con discrezione e fermezza, malgrado le opposizioni. La sua missione, però, supera quella degli altri profeti, poiché egli stesso è alleanza e luce e compie un’opera di liberazione e di salvezza. E’ forse la più esplicita profezia dell’Antico Testamentosu Cristo, sulla Sua missione e sulla Sua Passione.
L’esegeta protestante Dielitz scrive che è come se Isaia (VIII sec. a.C.) fosse stato testimone oculare dalla morte del Signore sul Calvario. Il grande sant’Agostino si domandava in modo stupito: è ancora profezia o è Vangelo?
Vengono citati solo i primi quattro versetti del Cantico del servo, dove è richiamata la giustizia. Nell’antico Israele la giustizia era spesso invocata come liberazione dagli oppressori, per cui nei Salmi, gli israeliti invocavano Dio affinché venisse a giudicarli (Sal 7,9). Tutti desideriamo la giustizia e, invece, spesso facciamo esperienza della sua assenza in questo mondo.
Nell’Antico Testamento si parla dell’esistenza di una giustizia superiore, cioè ultraterrena, di cui si parla anche in apologeticacome argomento difensivo e ragionevole sull’esistenza di Dio, ma se ne parla anche come Giustizia Divina discesa sulla terra, nella persona stessa del Messia, che viene a ristabilire la pace.
Troviamo ampia descrizione nel testo di Matteo, grazie a cinque attributi comportamentali, del modo di agire del Messia: «Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta» (Is 42,2 – 3). Per realizzare la giustizia a livello civile si utilizzano deterrenti punitivi, dalle pene pecuniarie alla prigione; ad ogni modo, sono sempre mezzi violenti. Spesso siamo all’opposto di ciò che è ristabilire la giustizia e la pace nel cuore di un peccatore, come solo sanno fare il perdono e la misericordia di Gesù Cristo.
Gli uomini saggi cercano di trovare la via di mezzo. Solo Dio riesce a fondere le due posizioni senza sminuirne nessuna: punisce il male e, allo stesso tempo, la Sua misericordia è infinita. Così sarà anche nell’ultimo Giudizio, quando il Messia verrà a giudicare i vivi e i morti.
Per noi è difficile mettere in pratica una giustizia misericordiosa, ma dovrebbe essere il nostro ideale: fare giustizia senza violenza.