In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno». Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!» (Mt 12,38 – 42).
C’è una grande ricchezza dogmatica in questo racconto sul profeta Giona. Anzitutto l’onnipotenza di Dio è posta in chiara evidenza. Nemmeno le profondità del mare sono inaccessibili a Dio, per cui la Sua onniscienza e onnipresenza lo distinguono da tutte le divinità pagane, che esercitavano il loro dominio solo su territori limitati ed erano venerate solo in certi luoghi, presso alcune popolazioni. Giona dimostra di avere la medesima mentalità dei pagani pensando di fuggire da Dio imbarcandosi per una terra straniera, come se la patria del Dio di Abramo e di Isacco fosse solo Israele. Dio si fa presente a Giona anche nel mare: «Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra» (Sal 139,9). La presenza di Dio non conosce confini ed è parte integrante della nostra vita spirituale. Dio è sempre con noi, Lui è l’Emmanuele, il Dio-con-noi.
Secondo la mitologia fenicia, il Leviatano, era un mostro tortuoso, proveniente dal caos primitivo, simile ad un serpente che divorava ogni altro animale presente nel mare. Simboleggiava la potenza distruttiva delle acque del mare, in cui verrà gettato Giona. Egli viene inghiottito dal Leviatano, ma questo mostro dopo tre giorni rigetta Giona sulla spiaggia. Dopo esser stato trattenuto per tre giorni nelle profondità del mare, paragonabili alla sepoltura nella tomba, Giona ritorna alla vita. Gli israeliti erano pessimi marinai a causa della mancanza di porti naturali e il mare era visto come luogo della morte, ma con la Redenzione di Cristo le acque sarebbero ritornate fonte di vita, restituendo tutte le persone travolte dalle sue onde burrascose.
Il richiamo alla morte e resurrezione del Signore è facilmente intuibile. I miracoli che Gesù faceva erano sempre in funzione della fede e furono di grande ausilio per una schiera immensa di persone: «La sua consacrazione messianica eterna si è rivelata nel tempo della sua vita terrena nel momento in cui fu battezzato da Giovanni, quando Dio lo “consacrò in Spirito Santo e potenza” (At 10,38) “perché egli fosse fatto conoscere a Israele” (Gv 1, 31) come suo Messia. Le sue opere e le sue parole lo riveleranno come Il Santo di Dio£» (CCC 438). Non sempre, però, furono compresi. Agli increduli Gesù concede solo il segno di Giona, ovvero Se stesso: Dio, incarnato, crocifisso, morto e risorto. Questo è il segno del profeta Giona, l’ultimo dei miracoli di Cristo, e ciò che contraddistingue il Cristianesimo rispetto ad ogni altra religione e cultura.