In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli» (Gv 15,1 – 8).
«La grazia di Dio è indispensabile per salvarsi» è una delle affermazioni chiare e sintetiche del catechismo di san Pio X e si presta molto bene a commentare la parabola del tralcio e della vite. La sua attuazione pratica merita un impegno pieno e compatto, per poter dire e mostrare al mondo che in noi scorre abbondante la vita divina di Gesù.
«Non sono più io che vivo ma cristo vive in me» (Gal 2,20). I mezzi affinché si compia questo meraviglioso progetto sono la fede, la preghiera, i sacramenti e le opere.
Certamente il paragone è particolarmente azzeccato quando si parla dei sacramenti. Ricevere devotamente l’Eucarestia è come andare verso un grande amico, che è anche il tuo grande Medico, nemico acerrimo della morte e grande amante della vita. Nella Confessione, ciò che ostacola il passaggio della “linfa” divina viene distrutto fino a non avere più alcuna esistenza innanzi a Dio Padre. Tutto, quindi, ha un solo scopo: essere con Cristo e in Lui.
La frase centrale di questo brano è come un colpo di frusta, una verità che non conosce altra soluzione: «Senza di me non potete fare nulla» (Gv 15,5). Senza Gesù non ci può essere fragranza spirituale, la vita rimane nelle tenebre, nonostante l’impegno profuso. Tanti imprevisti finiscono col mettere alla prova anche le migliori intenzioni. Gesù non appare mai preso dalla fretta, dall’ansia, né tanto meno solo e dissipato nel cuore, specie di fronte ai momenti più difficili, pur considerando che dopo pochi mesi di predicazione era già un uomo condannato a morte.
Distinguiamo, nell’antropologia teologica, le proprietà naturali umane come l’intelletto, con le sue capacità di apprendimento, e gli appetiti, cioè la volontà di apprendere, che appartengono alla persona umana in quanto tale, dalla dimensione soprannaturale espressa dalla “triade” Fede-Speranza-Carità, che sono virtù teologali, doni del Cielo, vita e forza della Grazia.
I diritti e i doveri dell’uomo e le virtù naturali in generale sono argomenti di cui si parla molto oggi, sia tra i cattolici che nella cultura profana, perché tutti devono essere onesti e veritieri rispettando la vita e la proprietà degli altri. Sono state spese molte parole filantropiche, ma quale umanesimo e quale società ne è derivato? Quale realizzazione pratica, quando si cerca di fare tutto senza l’Uomo della Croce? Senza Cristo, con quale umanesimo nobile e convincente ci si propone? La verità è che senza Cristo non si può essere veramente umani, prevalgono le tenebre. I Padri della Chiesa erano fermamente convinti di questa verità perché siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,27), cioè secondo la forma che è Cristo stesso. E’ indispensabile Dio anche solo per edificare la casa, altrimenti invano si affatica il costruttore. Se Cristo non dà la forza necessaria, le parole sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna (1Cor 13,1). La differenza la fa Cristo stesso. Qui si rivela la grandezza di santa Brigida di Svezia (1303-73), patrona d’Europa, che oggi commemoriamo. Grande fu in lei il senso della presenza di Gesù nella Chiesa cattolica, soprattutto nella figura del Pontefice e della sua Sede romana, prova dell’esistenza di Dio stesso.