In quel tempo, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio e disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell’acqua. L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo». E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo qui da me». Gesù lo minacciò e il demonio uscì da lui, e da quel momento il ragazzo fu guarito. Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli rispose loro: «Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile» (Mt 17,14 – 20).
I mutamenti di umore e la depressione sono curati da molti con una pillola. Una medicina può aiutare contro la tirannia del corpo, ma non può certo liberare lo spirito dalle alte maree dei pensieri. C’è chi crede di migliorare la situazione cedendo alla natura: «sono fatto così, non posso farci nulla».
E’ un’affermazione tragicamente rinunciataria e compromissoria col peccato. Quando invece Gesù è, nella sua azione concreta, Scienza dello Spirito, Signore delle buone intenzioni che si incarnano, rivolte alla volontà di Dio, che sempre esiste e risolve tutte le desolazioni possibili, come fece Gesù stesso nel deserto contro Satana, la situazione è completamente diversa. Si tratta di stare con Lui, chiamarlo in causa, usando anche il nostro immaginario, come insegna sant’Ignazio negli Esercizi spirituali (si tratta della “composizione di luogo”), per meglio essere alla sua presenza, sempre salvifica. Un nuotatore non si lascia andare in balia delle onde perché affogherebbe, piuttosto approfitta del moto ondoso per tenersi a galla. Così noi possiamo usare tutti i lati più oscuri della nostra vita per porci sotto il manto della Vergine e schiacciare i nostri peccati sotto il tallone di Maria. Ne segue, dopo il suo intervento, una misteriosa e liberatrice vicinanza di Dio.
Il cristiano è un uomo di speranza, anche e soprattutto di fronte al buio che spesso c’è nel mondo e che non dipende dal progetto di Dio, ma dalle scelte sbagliate dell’uomo, perché sa che la forza delle fede può spostare le montagne (cfr Mt 17,20). Il Signore può illuminare anche la tenebra più profonda. La fede in Gesù permette un costante rinnovamento nel bene, la capacità di uscire dalle sabbie mobili del peccato e di ricominciare di nuovo. Nel Verbo incarnato è possibile, sempre nuovamente, trovare la vera identità dell’uomo, che si scopre destinatario dell’infinito amore di Dio e chiamato alla comunione personale con Lui.
Nel versetto seguente Gesù afferma: «Questa razza di demoni non si scaccia che con il digiuno e la preghiera» (Mt 17,20) Il digiuno è la limitazione o la rinuncia nel mangiare e nel bere. La regola generale del digiuno segue la legge naturale. Per san Basilio il digiuno evidenzia il principio di sufficienza: in natura ogni pianta prende dalla terra gli elementi di cui ha bisogno. Gli animali mangiano quello che esige il loro organismo, si lasciano guidare dall’istinto. Anche l’uomo ha istinti naturali, ma ha anche la libertà di usarli come vuole. Il peccato e le cattive abitudini hanno alterato l’istinto e hanno finito per ritenere necessario ciò che è superfluo e che può fare male. Spesso si soffre di non poter soddisfare desideri che, in realtà, non sono naturali, come fumare, per esempio. Un digiuno equilibrato ci libera da queste illusioni e, soprattutto, sprigiona in noi un energia liberatrice che si trasmette ad ogni cosa con cui veniamo a contatto. Il digiuno incrementa la vigilanza e la vicinanza a Dio, che viene glorificato nel nostro corpo, libero dalle catene della sensualità. «Il quarto precetto (“In giorni stabiliti dalla Chiesa astieniti dal mangiare carne e osserva il digiuno”) assicura i tempi di ascesi e di penitenza, che ci preparano alle feste liturgiche e a farci acquisire il dominio dei nostri istinti e la libertà di cuore» (CCC n.2043).