In quel tempo, un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?». Gli rispose: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Buono è uno solo. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». Gli chiese: «Quali?». Gesù rispose: «Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non testimonierai il falso, onora il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso». Il giovane gli disse: «Tutte queste cose le ho osservate; che altro mi manca?». Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Udita questa parola, il giovane se ne andò, triste; possedeva infatti molte ricchezze (Mt 19,16 – 22).
Tutti dobbiamo condurre la nostra vita verso la piena corrispondenza con la volontà del Padre. La perfezione della nostra vita prevede un “per”, vale a dire la direzione verso uno scopo. Le cose imperfette generalmente non sono terminate. La Sacra Scrittura ci assicura che Dio non lascia niente di incompiuto e imperfetto e vuole condurci tutti al fine della beatitudine: «Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro celeste» (Mt 5,48).
La frase interrogativa che pone Gesù al giovane sembra quasi superflua, ma san Giovanni Crisostomo (354-407) spiega che non tutti gli uomini hanno la volontà di corrispondere alla chiamata universale che Dio pone a tutti noi. Tuttavia, questo Padre della Chiesa credeva fermamente nella forza della volontà umana, sufficiente, con l’aiuto di Dio, per arrivare alla perfezione.
Preghiamo tutti con le parole che Gesù ci ha insegnato. Nel Padre Nostro è contenuta tutta la perfezione presente nel cielo e sulla terra. La questione di fondo è come arrivare a questo livello. Nella vita si cresce e ci si sviluppa gradualmente. Il progresso spirituale e psicologico è scandito da alcune tappe. Se ne rende conto alla perfezione chi è abituato a tenere il diario spirituale. Non sono tappe uguali per tutti, nonostante si parli del principale e unico vero problema della nostra vita, salvare l’anima, che meriterebbe una giusta fretta, come quella di Maria verso Elisabetta.
San Basilio di Cesarea (329-79) non ammette alcuna tiepidezza, o vie di mezzo per un cristiano. Pensa che la conversione debba essere totale. Quindi, come una persona ha inteso l’importanza dell’unità con Cristo, il Vangelo dovrebbe subito divenire il suo pane quotidiano.
San Gregorio di Nazianzo (329-90), amico di Basilio, non è dello stesso avviso. La vita è fatta di tappe e anche nella crescita spirituale si mette in pratica, cioè si perfeziona, una virtù dopo l’altra, nel continuo sforzo di migliorarsi. La perfezione è un fine comune, ma il cammino per raggiungerla può essere assai differenziato. E’ impossibile per l’uomo sottoporre ad una regola matematica la vita divina, verso cui Dio conduce la singola anima. Questo deve renderci cauti nel giudicare la fede degli altri e anche nel progettare piani pastorali da cui si pretendono frutti che non possiamo pretendere, quasi fossimo padroni della vita spirituale del prossimo. Non siamo qui per raccogliere, ma per seminare. Nella storia della Chiesa vi sono santi che hanno vissuto una vita breve ed hanno amato intensamente, ma non mancano affatto i santi centenari, la cui progressione è stata meno appariscente ma quotidiana, per tutta la durata della loro vita.
In sant’Ignazio di Loyola (1491-1556) l’esame di coscienza particolare prevede preghiera e impegno, rivolti ad una sola virtù. Quando la tappa è stabilmente acquisita, ci si focalizza su un altro momento della nostra vita spirituale, ma sempre singolare, come se si stesse percorrendo un cammino di salita alla “santa montagna” da praticarsi tutta la vita. Questo procedimento lo hanno vissuto tutti i santi di tutte le scuole spirituali, tutti i giorni della loro vita. E’ la pratica di amare Dio concretamente nella nostra persona, nello sforzo assai gustoso di conformarsi a Gesù Cristo. E’ la prima cosa che perde chi arretra nella fede.