In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso» (Mt 23,13 – 22)
La parola ipocrita, d’origine greca, nelle varie lingue ha diverse sfumature, ma ha un significato fondamentale comune: ipocrita è colui che mette un velo alla realtà per farla apparire diversa. Il brutto deve sembrare bello, il male bene. Ipocrita non è la persona umile, che nasconde il bene che compie, ma chi vuole presentare le sue cattive intenzioni sotto una buona luce. Gesù era molto severo nei giudizi sui farisei: li accusava di usare la Legge di Dio per fare i loro interessi, di giustificare il guadagno mondano con ragioni religiose. Ma Gesù allude al significato della parola ipocrita anche secondo l’etimologia greca: in questo caso ipocrita è chi mormora alle spalle, uno che pensa diversamente da quello che dice. Esteriormente i farisei predicavano e spiegavano le parole divine, la Legge e i profeti, ma la loro convinzione interiore non corrispondeva alle parole. Dunque ciò che predicavano li condannava. La malizia non è cosa solo del tempo di Gesù: il fariseismo è la tentazione costante di sempre e bisogna fare attenzione a non cadere nella sua trappola.
La porta del Regno era l’Antico Testamento: il suo scopo era condurre il popolo eletto ad accogliere Cristo. I farisei, non accettando Gesù, chiusero la porta. Questo peccato farisaico si ripete ogni volta che, conosciuta la verità, ci accontentiamo senza procedere oltre, senza cercare il contatto personale con Cristo. A cosa serve, per esempio, essere devoti alle immagini sacre, se poi non preghiamo chi esse rappresentano? A cosa serve lo studio della teologia, se non se ne apre la porta con la preghiera? Senza verità siamo ciechi nel mondo, non abbiamo strada. Il grande dono di Cristo è proprio che vediamo il volto di Dio e, anche se in modo enigmatico e molto insufficiente, conosciamo il fondo, l’essenziale della verità di Cristo nel suo Corpo. E conoscendo questa verità, cresciamo anche nella carità, che è la legittimazione della verità. Se non c’è carità, anche la verità non è interamente colta e vissuta. Dov’è la Verità, nasce la Carità.
Nella missione, spesso la difficoltà non è tanto convincere qualcuno ad accettare la fede cattolica, quanto condurlo al battesimo, alla vita sacramentale e di preghiera. In questo percorso è fondamentale l’esempio degli altri. Il neoconvertito idealizza molto le persone che lo aiutano e, quando scopre che i credenti e la Chiesa mostrano debolezze e peccati come gli altri, potrebbe perdere la fede. Il lavoro missionario del primo annuncio è soltanto l’inizio. Qui è fondamentale poter proporre ad un nuovo convertito un ambiente dove si viva e approfondisca la fede, come passione per la verità nella carità.