
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio» (Lc 6,27-38)
Plutarco diceva che i nemici giovano perché insegnano pazienza e coraggio. Come le caviglie si rafforzano camminando sulla sabbia, così è più forte e adattabile l’uomo che ha nemici fin da giovane. Questo è il principio dell’educazione spartana. Certo, non basta per amare il nemico, pur essendo un atteggiamento ragionevole. Nemico, in senso biblico, ha un senso non strettamente bellico, significa: “colui che non ti vuole bene”, per cui «I tuoi nemici sono più numerosi di quanti capelli hai in capo» (Sal 40,13).
I ragazzi educati a Sparta dovevano divenire combattenti professionisti e mostrare grande vigore.
E’ ciò che tutti i giovani vorrebbero. Ma i muscoli non bastano, ben più sostanziale è la forza d’animo. Il combattimento spirituale è ben più aspro: in esso tutti abbiamo dei nemici, soprattutto sul piano culturale e delle idee. Qui la lotta dura la vita intera.
La novità del Vangelo è un’altra. Gesù stesso vuole discepoli coraggiosi e forti, come lo Spirito che ci è stato donato nella Pentecoste, capaci di vincere sul campo dell’anima e del cuore, dove si raccoglie la carità (charitas=amore). Colui che dimostra di essere forte in un difficile momento della vita ha vinto in modo definitivo e diventa come Dio onnipotente, che è carità. Questa è la via missionaria della bellezza dell’anima, è il modo odierno di fare missione. Stai con il prossimo e convincilo a partire dalla bellezza della tua anima.
Si parla molto dell’amore, e poi ci lamentiamo che nel mondo ce n’è poco. Bisogna distinguere fra l’atteggiamento d’amore e la sua realizzazione concreta. Si dice, scherzando, che una moglie è pronta a gettarsi nel fuoco per il marito, ma non sa fargli il caffè come piace a lui: non è facile sapere esprimere con i gesti l’amore che si sente nel cuore. Il Vangelo ci offre un consiglio pratico, provato dall’esperienza di molti secoli: cerchiamo di metterci nei panni dell’altro e sapremo esattamente cosa gli piace, lo irrita e lo fa soffrire. Non mi piace quando gli altri parlano male di me? E allora non parlo male degli altri. Sono contento se quando sono in difficoltà c’è qualcuno che mi aiuta? Allora mi rendo disponibile a fare lo stesso quando gli altri hanno bisogno.
Osservando i miei sentimenti, imparerò il modo migliore per amare gli altri come me stesso.