In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello» (Lc 6,39 – 42).
Il silenzio dei buoni è complice del male osservato. Non si può tacere di fronte al male. Consideriamo l’atteggiamento di quei cattolici che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare e di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene. La cecità ha diverse cause: ci si può nascere o si può diventare ciechi per disgrazia. Il Vangelo parla di una trave nell’occhio in senso metaforico.
La nostra mente, occhio interiore, deve preoccuparsi della salvezza dell’anima e della conoscenza di Dio. Il Creatore ci ha donato per questo una speciale chiaroveggenza, ma, avvertono gli autori spirituali, anche il diavolo fa altrettanto. Ci induce a fissare la nostra attenzione su cose che non ci riguardano e che non possiamo correggere, per esempio i difetti degli altri. Si tratta a volte di cose piccole come pagliuzze, ma sono capaci di eccitarci e occuparci tanto da toglierci il tempo per il resto. Anche i santi sono stati provati da una simile tentazione, perciò si ripetevano la frase che Cristo dice a Pietro quando vuole conoscere la sorte di Giovanni: «Che importa a te? Tu seguimi!» (Gv 21,22).
Il rimprovero cristiano, però, non è mai animato da spirito di condanna o recriminazione, ma è mosso sempre dall’amore e dalla misericordia, che sgorgano da una vera sollecitudine per il bene del fratello. L’apostolo Paolo afferma: «Se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu» (Gal 6,1).
Nel nostro mondo impregnato di individualismo è necessario riscoprire l’importanza della correzione fraterna, per camminare insieme verso la santità. Persino «il giusto cade sette volte»
(Pr 24,16), dice la Scrittura, e noi tutti siamo deboli e manchevoli (1Gv 1,8). E’un grande servizio quindi aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi, per migliorare la propria vita e camminare più rettamente nella via del Signore. C’è sempre bisogno di uno sguardo che ama e corregge, che conosce e riconosce, che discerne e perdona (cfr Lc 22,61), come ha fatto e fa Dio con ciascuno di noi.