In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: «Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro». Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni (Lc 9,1 – 6).
La sacra Congregazione romana per l’evangelizzazione dei popoli, adibita all’attività missionaria, prima del Concilio Vaticano II si chiamava De Propaganda Fide. Il nome fu cambiato perché la parola “propaganda” richiamava eccessivamente un’operazione commerciale. La diffusione della fede può solo avvenire attraverso la missione, che può essere compiuta solo da un inviato.
Non si può intervenire sul cuore di una persona, cioè sull’evoluzione della sua vita interiore, se non si è certi che Dio stesso ci ha inviati. Egli ha creato il cuore umano e Lui indica la strada da seguire: questo devono rispettare i missionari e tutti ne dobbiamo essere consapevoli. Capita spesso di sentire che qualcuno è intervenuto nella vita del prossimo con consigli, ordini o, purtroppo, anche violenza. Invece, innanzi al prossimo è saggia prudenza chiedersi: per che cosa e fino a che punto Dio mi invia? E soprattutto: è Dio che mi invia o una mia illusione? Solo da Dio si può avere l’autorizzazione ad intervenire nella vita di un altro: abusare dell’autorità provoca guai immediati e drammi futuri.
Prepararsi per un viaggio dà spesso tanto nervosismo per il timore di dimenticare qualcosa. Qui gli Apostoli vengono inviati senza aver preparato nulla. San Francesco chiedeva ai suoi primi frati di andare a predicare senza portarsi niente appresso: il pane dovevano elemosinarlo, i pensieri glieli avrebbe ispirati lo Spirito Santo. Chi dice: «beati i poveri» deve per primo dare l’esempio. Si può vivere di quello che si dice. Certo è una pratica radicale, legata ad una chiamata straordinaria. Il Vangelo insiste soprattutto sulla povertà di spirito (Mt 5,3), cioè sull’atteggiamento interiore. Tangibilmente significa che la nostra vita e il successo del nostro lavoro non dipendono da quanto siamo preparati perché, anche se abbiamo fatto tutto il necessario, non possiamo mai essere sicuri di niente. L’unica cosa che ci dà la forza è la certezza di essere sulla strada giusta e di fare quello che Dio chiede.
San Maurizio, Candido, Essuperio, Vittore e compagni Martiri della Legione Tebea