In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro» (Lc 11,37 – 41).
I farisei si lavavano in molte occasioni lungo la giornata, nonostante la Legge non lo richiedesse. L’abluzione frequente è una buona norma igienica e, da un punto di vista religioso, un nobile simbolo dell’atteggiamento interiore. Gesù, però, rimprovera i farisei di tenere più all’apparenza che all’aspetto interiore. A Cana trasforma l’acqua delle abluzioni in vino (Gv 2,6), indicando che la purificazione del corpo deve divenire purificazione spirituale. Lavarsi toglie la polvere e il fango, estranei ai mobili come al corpo umano. Allo stesso modo, in senso morale, il peccato o i pensieri cattivi sono estranei all’anima. Ci si può lavare da essi? Le religioni suppongono di sì: il lavaggio rituale è espressione di questa fede. Ma non tutte le colpe si possono lavare con l’acqua. Nel dramma di Shakespeare Macbeth l’assassina continua a lavarsi le mani e le vede sempre sporche di sangue. Gli indù si lavano nelle acque del Gange, che per loro è acqua sacra. Potrebbero essere tutti simboli del Battesimo cristiano? L’acqua del Battesimo cristiano non è sacra, è acqua normale consacrata dalla forza purificatrice delle parole della Chiesa: «io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo». Per lavare l’anima ci vuole l’intervento divino e la confessione di fede del catecumeno, la sua volontà di fare il bene.
E’ l’incontro delle parole divine e umane che lava le anime e attua la nuova creazione nell’acqua. Quando non andiamo al cuore, restiamo sul minimo morale, facendo qualche gesto rituale, quasi ad edulcorare la coscienza, dandosi una cosmesi religiosa superficiale. Riduciamo la nostra fede e la nostra morale, barricandole dentro un luogo sacro. Uscendo da esso, tutto diviene esterno alla fede, secondo la peggior schizofrenia rinascimentale: «Lo scandalo è grave quando a provocarlo sono colore che, per sua natura o per funzione, sono tenuti ad insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai farisei: li paragona a lupi rapaci in veste di pecora» (CCC 2285).
Rovi, spine e compromessi col peccato crescono nell’anima quando egoisticamente non accettiamo di aver bisogno di un’azione di salvezza, che solo Dio nella Chiesa cattolica può donarci. Se non parli innanzi ad un confessore, che rappresenta il tribunale della misericordia di Cristo, non affronti i tuoi peccati, né con te stesso, né tantomeno innanzi a Dio. Quando invece tutto può essere posto alla luce del sole, senza fughe codarde, e risolto dall’assoluzione sacramentale, che annulla ogni peccato, il sacramento guarisce e rinforza la nostra anima. La purificazione spirituale significa la capacità di controllare pensieri e intenzioni, che danno la giusta direzione alla freccia che lanciamo con tutti i nostri atti umani.