
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza e avrà lasciato le sue cose in casa, non scenda a prenderle; così, chi si troverà nel campo, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot. Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva. Io vi dico: in quella notte, due si troveranno nello stesso letto: l’uno verrà portato via e l’altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l’una verrà portata via e l’altra lasciata». Allora gli chiesero: «Dove, Signore?». Ed egli disse loro: «Dove sarà il cadavere, lì si raduneranno insieme anche gli avvoltoi» (Lc 17,26 – 37).
La prima rivelazione di Dio è quell’opera il cui artefice non può essere che un “Divino Artista”, tracimante di bellezza. Si parla del cosmo. Purtroppo, spesso l’uomo dimentica di porre in atto le sue capacità veritative e si prosterna a ciò che è solo un riflesso dello splendore e della bellezza piena, che è Dio stesso. Lui è bellezza eterna, il cosmo prima o poi si spegnerà. Si, ci fermiamo al cosmo, diveniamo devoti di piaceri effimeri.
Chi ha fede può cadere in due idolatrie. Davanti alla bellezza della creazione c’è gente che in queste cose belle non è capace di guardare al di là e coglierne la trascendenza. Un atteggiamento nel quale si ravvisa quella che si può chiamare “idolatria dell’immanenza”. Ci si ferma alla bellezza senza andare oltre: si sono attaccati a questa idolatria, sono stati colti da stupore per la potenza e energia che traspaiono. Non hanno pensato quanto è superiore il loro Sovrano, perché li ha creati Colui che è principio e autore della bellezza.
E’ un’idolatria guardare le bellezze senza pensare che ci sarà un tramonto. E questa idolatria, ovvero essere attaccati alle bellezze mondane, senza la trascendenza, noi tutti abbiamo il pericolo di averla. Crediamo che le cose così come sono non finiranno mai. Dimentichiamo il tramonto.
Non neghiamo l’evidente! Fummo tutti bambini, manifestando una capacità veritativa di origine divina, che si esprime nel “Principio della ragion d’essere”, esternato grazie a quesiti sapienziali: «Mamma, perché il mondo esiste!?». «Dimmi subito chi lo ha fatto e non annoiarmi a descrivere com’è fatto!!». L’altra idolatria è quella delle abitudini che rendono sordo il cuore. Il Vangelo descrive gli uomini e le donne ai tempi di Noè o di Sodoma, quando mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, senza curarsi di altro, fino al momento del diluvio o della pioggia di fuoco e zolfo, della distruzione assoluta. Tutto è abituale. La vita è così: viviamo senza pensare al tramonto di questo modo di vivere. Anche questa è idolatria: essere attaccati alle abitudini senza pensare che questo finirà. Anche le abitudini possono essere pensate come dèi. Si punti quindi lo sguardo dunque all’abitudine finale, all’unico Dio che sta oltre la fine delle cose create, per non fare l’errore fatale della moglie di Lot, cioè guardarsi alle spalle. Non divinizziamo le piccole bellezze e le nostre abitudini per sopravvivere, invece, nel canto eterno, nella contemplazione del Dio vivente.