
In quel tempo, Gesù disse alle folle: «In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!» (Mt 11,11 – 15).
Nelle icone del battesimo di Gesù nel Giordano, san Giovanni Battista è dipinto come un uomo di statura alta, con un piede proteso verso il Giordano e l’altro che resta indietro. Si vuole esprimere che egli sta tra l’Antico e il Nuovo Testamento. I grandi personaggi dell’Antico Testamento si distinguono per il dono della profezia: la loro missione è indicare dove va la storia d’Israele e ricordare che tutto ciò che accade acquista senso in vista della venuta del Messia. San Giovanni è l’ultimo profeta e indica il Messia non più con dei segni, ma direttamente, in persona: «Ecco l’agnello di Dio» (Gv 1,36). La sua predicazione è l’ultima prima delle parole di Gesù. La storia del popolo eletto quindi inizia e finisce con due grandi personaggi: Abramo e Giovanni il Battista. Abramo è «padre di tutti i credenti» (Gal 3,6). La salvezza comincia con la fede e la speranza. La fede è destinata a crescere e a diventare visione, e Giovanni vede il Messia. Una storia simile si ripete di continuo, simbolicamente nella nostra vita. Quando crediamo in Dio e gli diamo piena fiducia, arriva il momento in cui vediamo e sperimentiamo che abbiamo fatto bene, che Dio è con noi.
Fin dai primi tempi la Chiesa ha subito persecuzioni. La storia non può essere negata e capita anche oggi che la libertà religiosa venga offesa. La “chiesa minuscola” siamo noi stessi, perciò anche nella nostra vita personale ogni decisione per il bene incontrerà una resistenza. Sant’Ignazio di Loyola diceva che è proprio l’avversità che assicura ad un cristiano di aver fatto la scelta giusta. Nella letteratura monastica si attribuiva a questo versetto del Vangelo un altro significato. Il Regno di Dio, la Chiesa, i doni dello Spirito Santo sono già qui, fra noi, a nostra disposizione. Eppure convertirsi comporta l’impegno massimo, la fatica del cuore, seguire Cristo con dedizione veramente totale. Dobbiamo costringerci, farci violenza. Sono i “violenti” nel senso positivo del termine, che scelgono di abbattere un peccato o di acquisire una virtù, con la preghiera del cuore e con impegno personale, mistico e ascetico insieme. Questi si impossessano del Regno di Dio. E’ la stessa conclusione della Imitazione di Cristo: «Progredirai, nella misura in cui ti farai violenza».