Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala corse e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette (Gv 20, 2 – 8)
Si può dire dell’apostolo san Giovanni: «Il Signore Gesù lo predilesse e dall’alto della croce, quasi per testamento, lo affidò come figlio alla Vergine madre. Il grande dono dell’amore, che da pescatore lo aveva fatto discepolo, lo portò ad intuire e ad annunziare con singolare chiarezza, oltre ogni misura di capacità umana, l’increata divinità del tuo Verbo» (Messale Ambrosiano, prefazio della festività di S. Giovanni evangelista).
«Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato» (Lc 24,5 – 6). Nel quadro degli avvenimenti della Pasqua, il primo elemento che si incontra è il sepolcro vuoto. Non è in sé una prova diretta, dato che l’assenza del corpo di Cristo nella tomba potrebbe spiegarsi altrimenti. Malgrado ciò, il sepolcro vuoto ha costituito per tutti un segno essenziale: la sua scoperta da parte dei discepoli è stato il primo passo verso il riconoscimento dell’evento della Risurrezione. Dapprima è il caso delle pie donne, poi di Pietro, ma l’intuizione di Giovanni precede di pochi attimi la constatazione del principe degli Apostoli. Il discepolo «che Gesù amava» (Gv 20,2) afferma che, entrando nella tomba vuota e scorgendo «le bende per terra» (Gv 20,6), vide e credette. Egli comprese, dallo stato in cui si trovava il sepolcro vuoto, che l’assenza del corpo di Gesù non poteva essere opera umana e che Gesù non era semplicemente ritornato ad una vita terrena, come era avvenuto per Lazzaro.
Il primo a credere è quindi Giovanni, per la sua stessa predisposizione interiore: il suo cuore era immerso in un amore tutto particolare per Gesù, per cui aveva una chiave di lettura, una possibilità di leggerlo e interpretarlo più profonda dello stesso san Pietro. Non era un ragionatore, un filosofo, era uno che andava dritto al sodo: «Vide e credette». Giovanni comprese l’essenza del Padre: Dio è amore, e Gesù lo ha rivelato. Fu pervaso, sedotto e affascinato dalla persona di Dio Figlio. Gli altri Apostoli vedevano Gesù, ma lui riusciva a penetrare il suo animo, come può fare solo un amico intimo: è questo che esprime in maniera molto poetica il Messale Ambrosiano.
L’amore verso Gesù raggiunse presto la perfezione e si tradusse anche in una notevole attenzione al lascito umano del Redentore, in particolare la Madre, considerando che custodì personalmente Maria Santissima, probabilmente per una quindicina d’anni, dopo l’Ascensione di Cristo. Per questo è d’obbligo leggere con calma e raccoglimento il testamento spirituale del Signore, riportato nel capitolo 17 del Vangelo di Giovanni: sono parole che esprimono compiutamente la teologia del sacerdozio cattolico.