Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,22-35).
Fino all’ultima riforma del calendario liturgico, il 2 febbraio si ricordava la Purificazione della Madre di Dio, perché questo giorno cade 40 giorni dopo il Natale e i riti di purificazione delle madri si facevano, appunto, 40 giorni dopo la nascita del bambino.
I cristiani d’Oriente conservano tutt’ora questa usanza. All’uomo moderno sembrano residui di una concezione primitiva, lesiva della dignità della donna. Perché la nascita di un bambino dovrebbe rendere impura la madre? Può darsi, come affermano alcuni, che sia una sorta di prescrizione igienica.
Quale che sia l’origine del rito, esso esprime una certa esperienza spirituale. La vita sessuale che segue la legge di natura non è impura in sé, ma indubbiamente l’elemento animale predomina su quello razionale e spirituale. Da ciò nasce il senso di vergogna e la necessità di purificazione, cioè di elevazione della mente a valori superiori, a Dio. Succede così con tutto ciò che è carnale. Fa parte della vita, fa parte di noi, ma non dimentichiamo che la nostra patria è altrove. Quando Dio liberò Israele dell’Egitto, morirono tutti i primogeniti maschi pagani, ma non quelli Ebrei.
Quindi i figli primogeniti maschi appartengono a Dio, da cui il riscatto che veniva versato al Tempio. Per quanto costose, due tortore sono nulla rispetto alla vita di un uomo. Ogni gesto della vita cristiana quotidiana è simbolo: crediamo che a Dio appartenga tutto ciò che abbiamo e che facciamo. Questa convinzione è esprimibile con qualche piccolo gesto simbolico: un segno di croce prima di iniziare il lavoro, una breve preghiera prima di mangiare. Sono gesti piccoli, ma che impegnano tutta la nostra intelligenza e volontà nel rinnovare la scelta per la nostra fede cristiana. Non possono essere fatti tentennando. Rinnovandoli tutti i giorni e professandoli pubblicamente, essi danno un carattere autenticamente sacro a tutta la giornata.