
In quel tempo, Gesù uscì di nuovo lungo il mare; tutta la folla veniva a lui ed egli insegnava loro. Passando, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre stava a tavola in casa di lui, anche molti pubblicani e peccatori erano a tavola con Gesù e i suoi discepoli; erano molti infatti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi dei farisei, vedendolo mangiare con i peccatori e i pubblicani, dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mc 2,13 – 17)
Nella vita festeggiamo molte cose con una cena: la conclusione di un’opera portata a termine o l’inizio di un nuovo periodo della vita. L’esempio classico sono le nozze, ma può essere anche il ritorno da un viaggio avventuroso, dall’ospedale, dalla guerra. Levi organizza un grande banchetto perché si è convertito a nuova vita, decidendo di seguire Gesù. La cosa strana è che qui la cena fa parte della sua penitenza.
La parola “penitenza” suona male nella società di oggi. Il Sacramento della Riconciliazione sembra solo una spiacevole confessione dei peccati: dobbiamo ricordarci di ciò che vorremmo dimenticare. Riconoscere di aver sbagliato e la decisione di correggersi è, al contrario, uno dei momenti più gioiosi della vita. C’è in noi la forza dello Spirito Santo che ci dà la vita eterna.
Non scoraggiamoci perché confessando sempre le stesse mancanze non osserviamo nessun miglioramento. Il fatto stesso che, dopo tante cadute, siamo sempre capaci di risorgere è già una lieta notizia per la vita in Dio. Con san Paolo sappiamo che qualche spina nel fianco Dio ce la lascia; si migliora ugualmente, ma “lì” ci si dovrà confessare spesso. Mai fare compromessi col peccato. Preghiera e impegno congiunto vincono sempre contro tutti i peccati.
La vera Chiesa è visibile o invisibile?
Non è una questione puramente teorica. La Chiesa visibile sono i cattolici che incontriamo tutti i giorni: laici, sacerdoti, vescovi, il Papa. Certo, non sono tutti santi. I peccatori dovrebbero allora essere esclusi? Le eresie medievali accettavano solo i veri cristiani.
Esiste la cosiddetta “scomunica”, la proibizione dell’accesso ai Sacramenti, ma essa non è esclusione dalla Chiesa. Un ospedale o un sanatorio non vengono costruiti per escludere i malati, ma per accoglierli e curarli. Così sulla terra fa la Chiesa per i peccatori.
Gesù non esclude nessuno dalla propria amicizia. Anzi, proprio mentre si trova a tavola e in casa di Matteo-Levi, in risposta a chi esprimeva scandalo per il fatto che egli frequentava compagnie poco raccomandabili, pronuncia l’importante dichiarazione: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati: non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 2,17). Il buon annuncio del Vangelo consiste proprio in questo: nell’offerta della grazia di Dio al peccatore! Nella figura di Matteo, dunque, i Vangeli ci propongono un vero paradosso: chi è apparentemente più lontano dalla santità può diventare persino un modello di accoglienza della misericordia di Dio e lasciarne intravedere i meravigliosi effetti nella propria esistenza.