In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: «Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?». Ed egli rispose loro: «Non avete mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!». E diceva loro: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato» (Mc 2,23 – 28)
Ogni anno, celebrando la Pasqua, noi riviviamo l’esperienza dei primi apostoli di Gesù, l’esperienza dell’incontro con Lui risorto: racconta il Vangelo di Giovanni che essi lo videro apparire in mezzo a loro, nel cenacolo, la sera del giorno stesso della Risurrezione,
«il primo della settimana», e poi «otto giorni dopo» (cfr Gv 20,19.26). Quel giorno, chiamato poi “domenica”, “Giorno del Signore”, è il giorno dell’assemblea, della comunità cristiana che si riunisce per il suo culto proprio, cioè l’Eucarestia, culto nuovo e distinto fin dall’inizio da quello giudaico del sabato. In effetti, la celebrazione del Giorno del Signore è una prova molto forte della Risurrezione di Cristo, perché solo un avvenimento straordinario e sconvolgente poteva indurre i primi cristiani a iniziare un culto diverso,ù rispetto alla legge del sabato ebraico. La Legge inizia così a cedere il passo al buon senso spirituale, nuova legge legata alla visione che dà il Santo Spirito, portatore della Grazia, cioè la vita stessa di Gesù e il suo modo di giudicare. La Legge garantiva una buona moralità e quindi l’Alleanza con Dio. Il popolo d’Israele rimase quarant’anni nel deserto, dove non vi erano distrazioni. Se commetti un peccato nel deserto, non puoi sfuggire al sapore amaro che dà il perdere la comunicazione con Dio Creatore (cioè: “comunicatore continuo dello Spirito che dà la vita”), datore della Grazia.
Così Israele venne educato al senso del peccato. Era una morale buona, ma minima. Ora non più ammissibile, perché Gesù parte da essa, senza sminuirne nulla, per volare altissimo, nel cielo delle virtù cristiane, e al pieno compimento della volontà di Dio, attingibile da un cuore battezzato in acqua e Spirito. L’uomo “vivente” è superiore alla Legge ed emette giudizi santi, essi stessi superiori alla Legge quando essa si oppone alla persona vivente. Allora come oggi, il culto cristiano non è solo una commemorazione di eventi passati e nemmeno una particolare esperienza mistica, interiore, ma essenzialmente un incontro con il Signore risorto, che vive nella dimensione di Dio, al di là del tempo e dello spazio, e tuttavia si rende realmente presente in mezzo alla comunità, ci parla nelle Sacre Scritture e spezza per noi il Pane di vita eterna. Attraverso questi segni noi viviamo ciò che sperimentarono i discepoli, cioè il fatto di vedere Gesù e nello stesso tempo di non riconoscerlo; di toccare il suo corpo, un corpo vero, eppure libero dai legami terreni. Dopo la Pentecoste, gli Apostoli partirono perché loro stessi vedevano con gli occhi del Maestro e rappresentavano, come noi oggi per il mondo, il profumo di Cristo. Sarà poi san Paolo a dare il “colpo di grazia”, cioè di Spirito, alla Legge antica quando, contro il parere degli Apostoli, abolirà la circoncisione. E’ sufficiente il sangue che Gesù ha versato in croce, da cui vengono i sacramenti, per imprimere il miglior indelebile sigillo nell’anima.