In quel tempo, Gesù, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì molta folla dalla Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidòne, una grande folla, sentendo quanto faceva, andò da lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli pronta una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero. Infatti aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli imponeva loro severamente di non svelare chi egli fosse (Mc 3,7 – 12)
«Con il cuore …si crede… e con la bocca si fa la professione di fede» (Rm 10,10). Il cuore indica che il primo atto con cui si viene alla fede è dono di Dio e azione della grazia, che agisce e trasforma la persona fin nel suo intimo. La conoscenza dei contenuti da credere non è sufficiente se poi il cuore, autentico sacrario della persona umana, non è aperto dalla grazia, che consente di avere occhi per guardare in profondità e comprendere che quanto è stato annunciato è la Parola di Dio. Professare con la bocca, a sua volta, indica che la fede implica una testimonianza ed un impegno pubblici. Il cristiano non può mai pensare che credere sia un fatto privato. La fede è decidere di stare con il Signore per stare con lui. E questo “stare con Lui” introduce alla comprensione delle ragioni per cui si crede. La fede, proprio perché è atto della libertà, esige anche la responsabilità sociale di ciò che si crede. La Chiesa nel giorno della Pentecoste mostra con tutta evidenza questa dimensione pubblica del credere e dell’annunciare, senza timore di annunciare la propria fede ad ogni persona. E’ il dono dello Spirito Santo, che abilita alla missione e fortifica la nostra testimonianza, rendendola franca e coraggiosa. La fede non può che diventare opera pubblica:
«In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo» (Fil 2,15). Lunga è la strada per mezzo degli insegnamenti, breve ed efficace quando ad essa si appongono gli esempi (antico proverbio latino). Chi non fa ciò che dice, rende vane le sue parole. Se le paroledivine non sono seguite dalle opere, testimoniano contro se stesse. La parola divina è fonte e creatrice e trasforma chi la pronuncia.In Dio non esiste divisione fra parole e opere. Le parole di Dio sono creatrici, sono già opere: «Dio disse e così fu» (Gn 1,3). Cristo parla con bocca umana, ma le sue parole sono divine, dunque creatrici. Ma la loro efficacia è legata ad una condizione: l’uomo deve accettarle con un atto di libera volontà. Se lo fa, le parole lo trasformano, gli restituiscono la salute spirituale.
Affinché questo nesso parole-opere risulti immediatamente visibile, Gesù con le sue parole restituisce ai malati anche la salute fisica.