In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno» (Mc 16, 15 – 18)
Evangelizzare significa portare ad altri la Buona Notizia della salvezza e questa Buona Notizia è una persona: Gesù Cristo. Quando lo incontriamo, quando scopriamo fino a che punto siamo amati da Dio e salvati da Lui, nasce in noi non solo il desiderio, ma una necessità estrema di farlo conoscere agli altri. Diventiamo tutti catechisti appassionati. Così accadde all’apostolo Andrea, che corse dal fratello Pietro a dirgli di aver conosciuto il Messia, così a san Paolo. Traboccando il calice di ottimo vino – questa è l’immagine del cuore che magnifica il Signore – è impossibile muoversi senza spandere il profumo di Cristo. Non si può nascondere una lampada che spande raggi in grado di penetrare qualunque tenebra: griderebbero le pietre. Chi si avvicina a Dio ama il silenzio delle anime raccolte, si assume il gaudioso impegno di gustare l’amicizia salvifica e melliflua dello Spirito del Signore. Il prossimo è allora osservato con gli occhi di Dio, verso cui sentire il solo vero debito cristiano: porgi al prossimo la tua personale vita eterna, confermata dal sigillo dello Spirito di verità.
Credo confermato, chiarezza di cuore, esperienza sempre più solida di scienza dello spirito, primato alla vita del cuore, costruiscono l’uomo: un apostolo che sa consolare, come Maria consola noi.
Come san Paolo, così vivendo la salvezza, il cristiano rappresenta per il prossimo lontano dalla fede – con tutte le questioni che assillano il cuore e appesantiscono la vita lontana dalla fede – il Regno di Dio, dove il cuore è risolto, in piena conformità all’uomo vivente Gesù Cristo. La pace di Cristo e la presenza dello Spirito Santo, è il fatto inequivocabile, verso cui non si dà alcuna legge.
Nonostante questo, san Paolo, che potremmo paragonare al più grande “docente universitario” dell’epoca antica, dopo pochi mesi dalla sua grande conversione se ne ritorna a Tarso, suo luogo natale, dove per tre-quattro anni rivede tutta la sua cultura rabbinica per adeguarla alla nuova visione dovuta al Messia, finalmente giunto in Israele. Anche per Paolo, “ci volle il suo tempo”, come si suole dire correntemente, per conformare, pur dopo la grande rivelazione sulla via di Damasco, spirito, anima e corpo alla nuova dimensione cristiana. Cosa vide durante l’estasi che visse lungo la via Diritta che portava a Damasco non poté mai esprimerlo, perché le parole umane non bastano per dire quanto splende il volto del Padre sulle miserie umane.
Anche san Paolo ebbe un percorso catechetico, e solo quando la Chiesa ebbe bisogno di lui lasciò Tarso per intraprendere la sua grandiosa opera missionaria, vivendo la stessa Chiesa come il corpo di cui Cristo è il capo. La conversione di Saulo a Gesù è assolutamente inscindibile dall’aderire a quanto recitiamo ogni domenica dopo l’omelia: Credo la Chiesa.