
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Diceva loro: «Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha» (Mc 4,21 – 25)
Il moggio indica un recipiente che serviva per misurare i cereali (un mastello).
La lucerna «viene»: con questo verbo forse Marco evangelista allude alla venuta di Gesù come luce del mondo, con il suo insegnamento divino. La luce è un tema frequente nella Bibbia, ma anche un simbolo con più interpretazioni. Nel linguaggio abituale la luce è la condizione per conoscere. Vediamo se c’è luce, non al buio. Degli uomini saggi diciamo che vedono chiaramente le cose, dei distratti che vivono con la testa fra le nuvole.
Dio ci ha dato la luce dell’intelletto per conoscere la realtà, per capire noi stessi e ciò che ci circonda. Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (Gn 1,26 – 27): secondo i Padri della Chiesa greci, significa che l’uomo ha ricevuto l’intelletto e, per mezzo di esso, la capacità di vedere le cose come le vede Dio. In che misura siamo capaci di sviluppare questo dono? Gli scolastici erano ottimisti e affermavano che si può conoscere tutto ciò che esiste, ma con l’aiuto di Dio. Al contrario, i mistici mettono in rilievo il fatto che esistono misteri nei quali ci può introdurre solo Dio, però non disprezzavano la luce naturale dell’intelletto: essa è utile per conoscere la natura visibile, ha un grande ruolo nella matematica, nella filosofia, ma anche nella religione. Anche in questo campo bisogna agire con ragionevolezza, cercare di capire il Vangelo e le tradizioni della Chiesa nel modo migliore, per non mettere “sotto il moggio” la luce che ci guida verso la salvezza.
Quando ci stacchiamo dal Signore per agire in modo autonomo, quando pensiamo di essere autosufficienti, subito la menzogna della tentazione adombra la nostra vita, ma la Luce diviene medicina: «Dio non vuole costringere al bene: vuole persone libere. La tentazione ha una sua utilità. Tutti, all’infuori di Dio, ignorano ciò che l’anima nostra ha ricevuto da Dio; lo ignoriamo perfino noi stessi. Ma la tentazione lo svela, per insegnarci a conoscere noi stessi e, in tal modo, a scoprire ai nostri occhi la nostra miseria e per obbligarci a rendere grazie per i beni che la tentazione ci ha messo in grado di riconoscere» (CCC 2284)
Cristo è la luce del secolo futuro: allora l’universo risplenderà della sua Verità. Nella luce acquistano valore la forma e il colore degli oggetti, che al buio non potevano essere percepiti. Tutte le nostre opere buone, adesso, sono come colori al buio: piccoli, deboli tentativi di cambiare il mondo. Ma non è così. Quando la luce di Cristo illuminerà pienamente il mondo, vedremo quante cose grandi sono state fatte grazie alle opere piccole e i piccoli saranno come i grandi alla destra di Cristo.