In quel medesimo giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (Mc 4,35 – 41)
Esiste una continuità tra l’attività didattica e quella taumaturgica di Gesù: una è collegata all’altra, i miracoli confermano l’origine divina del suo insegnamento. La sera stessa Gesù, senza lasciare la barca dalla quale aveva pronunciato le parabole, si dirige con i suoi discepoli verso la riva orientale del lago di Galilea, abitata in prevalenza da pagani. Lo seguirono altre barche, non più nominate in seguito. Il viaggio si effettua sul calar delle tenebre, che richiamano il caos primitivo, prima della creazione del mondo. La descrizione della bufera e del sonno di Gesù sono modellati sulla storia di Giona (1,4-6).
Questi, allo scatenarsi della tempesta, scese nella pancia della nave che stava per sfasciarsi e «dormiva profondamente». Alcuni particolari pittoreschi sono esclusivi di Marco: Gesù era a poppa e dormiva sul cuscino: un segno di riguardo per il Maestro affaticato, ma pieno di sicurezza. L’apostrofe dei discepoli, invece, è poco rispettosa e rileva la drammaticità della situazione.
«Ed egli …minacciò il vento e disse al mare: “Taci! Calmati!”». Nei racconti tradizionali di salvataggio di solito viene invocata la divinità perché porti soccorso. Gesù invece sgridò il vento, come aveva fatto con lo spirito immondo nel primo esorcismo, ingiungendo al mare di fare silenzio. Egli appare investito della potenza di Dio per dominare le forze ostili della natura, perché soltanto al Creatore veniva attribuita nell’AT la prerogativa di placare le bufere del mare.
Il risvolto spirituale è evidente. La strategia del demonio è incutere paura. E’ debole con i forti e forte con i deboli. Anzi, non ha nessuna forza su di te, se non quella che gli accordi tu stesso: la tua paura è la sua forza. Nulla può l’intero inferno, quando tu hai fede. Il male lo fai tu quando perdi fede. Allora la paura blocca le tue energie: desisti subito dal bene e ti butti in braccio a ciò che temi. Il nemico ti domina soprattutto con la paura della morte (Eb 2,14), principio di ogni altra. Dio, dal giorno in cui il primo uomo gli disse «Ho udito i tuoi passi e ho avuto paura» (Gn 3,10), quando si manifesta dice normalmente: «Non temere». Questa espressione ricorre nella Bibbia 365 volte: una per ogni giorno dell’anno! La paura che ebbe Adamo dopo la caduta denota il vero peccato: la perdita di fiducia in Dio.