In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”» (Lc 10, 1-9)
«Pregatedunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe».
Gli operai per la messe non sono scelti attraverso campagne pubblicitarie o appelli al servizio della generosità, ma sono “scelti” e “mandati” da Dio. E’ Lui che sceglie, è Lui che manda, è Lui che dà la missione. Per questo è importante la preghiera. La Chiesa, ci ha ripetuto Benedetto XVI, non è nostra, ma è di Dio, e quante volte noi, consacrati o direttamente professanti, tendiamo a farne un vissuto troppo a misura nostra! Facciamo di lei…. qualcosa che ci viene in mente. Ma non è nostra, è di Dio. Il campo da coltivare è suo. La missione allora è soprattutto grazia. La missione è grazia.
E se l’apostolo è frutto della preghiera, in essa troverà la luce e la forza della sua azione. La nostra missione, infatti, non è feconda, anzi si spegne nel momento stesso in cui si interrompe il collegamento con la sorgente, il Signore.
Senza il rapporto costante con Dio la missione diventa mestiere. Allora lavorare come sarta o cuoco è come lavorare da suora o da prete. Il rischio dell’attivismo, cioè di confidare troppo sulle strutture e sulla dimensione umana-organizzativa, è sempre in agguato.
Se guardiamo a Gesù, vediamo che alla vigilia di ogni decisione o avvenimento importante si raccoglieva in preghiera intensa e prolungata. Coltiviamo la dimensione contemplativa, anche nel vortice degli impegni più urgenti e pesanti. E più la missione vi chiama ad andare verso le periferie esistenziali, più il vostro cuore sia unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore. Qui sta il segreto della fecondità pastorale, della fecondità di un discepolo del Signore!
Gesù manda i suoi senza borsa, né sacca né sandali. La diffusione del Vangelo non è assicurata né dal numero delle persone, né dal prestigio dell’istituzione, né dalla quantità di risorse disponibili.
Quello che conta è essere permeati dell’amore di Cristo, lasciarsi condurre dallo Spirito Santo e innestare la propria vita nell’albero della vita, che è la croce del Signore. E se ci è occorso di riuscire a convincere qualcuno ed avvicinarlo pienamente alla fede, di questo ringraziamo sempre il Signore che ha donato il suo Spirito, vero autore di tutte le conversioni, di cui è un grande gaudio beatifico essere stati umili collaboratori.