In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno» (Mt 9,14-15)
Goloso è chi si fa vincere dall’avidità in tutte le intemperanze, non solo nel mangiare, ma nel bere, nel fumare, nell’uso del sesso e nelle droghe. Goloso è chi usa del creato in modo rapace.
San Giovanni Climaco affermava che la gola è «l’ipocrisia dello stomaco, che si lamenta di essere vuoto anche quando è riempito fino all’orlo».
Saziarsi forse nutre il corpo, ma anche gli istinti carnali. Siamo sicuri di saperli dominare? Per gli autori spirituali, non riuscire a dominarsi nel mangiare è segno di volontà debole. Simbolicamente si può dire che il goloso vende il diritto di primogenitura nel Regno di Dio per un piatto di lenticchie (Gn 25,29ss). Il digiuno per il cristiano è l’occasione per testimoniare la forza dello spirito. Non è credibile che uno parli di vita spirituale e poi si faccia giocare dalla gola. Scrive ancora san Giovanni Climaco: «mangiare troppo eccita la sensualità, digiunare stimola la castità. Se accarezzi un leone, può darsi che si ammansisca, ma il corpo, più gli concedi, più diventa una bestia selvaggia».
Il digiuno in sé non è una virtù, ma un mezzo per acquistare la virtù, un allenamento al dominio di sé. Un mezzo è tanto più valido quanto più conduce al bene dello spirito nuovo di chi ha trovato in Gesù e nel suo mistero pasquale il senso della vita, e avverte che tutto ormai deve riferirsi a Lui.
Era questo l’atteggiamento dell’apostolo Paolo, che affermava di essersi lasciato tutto alle spalle per poter conoscere Cristo, «la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti» (Fil 3,10-11).