
Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto. Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono! Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. (Mt 7, 7-12)
Chiedete e vi sarà dato
Una delle obiezioni contro la preghiera dice che se Dio è onnisciente, Lui stesso saprà di che cosa abbiamo bisogno. Perché allora domandare? Perché insistere quando sappiamo che Lui pensa a noi e ci vuole bene? Sant’Agostino provò a rispondere a questa domanda. Secondo lui la preghiera di domanda ha un carattere prevalentemente pedagogico.
Con essa ci rendiamo conto della nostra dipendenza da Dio e nello stesso tempo diventiamo consapevoli dei nostri bisogni. Chiediamo a Dio: “Ascoltaci Signore!” non perché immaginiamo che il Signore sia sordo, ma perché noi stessi sentiamo meglio ciò che chiediamo, prendiamo coscienza delle nostre necessità e della nostra situazione.
Senza dubbio è un argomento valido, ma si può aggiungerne un altro. Lo scopo della preghiera non è solo quello di ottenere o di non ottenere qualcosa di concreto.
Si tratta soprattutto di stabilire un contatto personale con Dio. Avere bisogno di qualcosa ce ne dà l’occasione. Si va alla “scuola della preghiera” per imparare il vero dialogo con Dio.
Di fronte alle difficoltà della preghiera
Quattro sono le difficoltà legate alla preghiera, secondo quanto ci consegna la tradizione spirituale della Chiesa. Quella più abituale è la distrazione.
La difficoltà abituale della nostra preghiera è la distrazione. Può essere relativa alle parole e al loro senso, nella preghiera vocale; può invece riguardare, più profondamente, colui che preghiamo, nella preghiera vocale (liturgica o personale), nella meditazione e nella preghiera contemplativa. Andare a caccia delle distrazioni equivarrebbe a cadere nel loro tranello, mentre basta tornare al nostro cuore: una distrazione ci rivela ciò a cui siamo attaccati, e questa umile presa di coscienza davanti al Signore deve risvegliare il nostro amore preferenziale per lui, offrendogli risolutamente il nostro cuore perché lo purifichi.
Qui si situa il combattimento: nella scelta del padrone da servire. (CCC 2729)