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Il pensiero del giorno

15 Luglio 2022 - Autore: Don Andrea Nizzoli

In quel tempo Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle. Vedendo ciò, i farisei gli dissero: “Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato”. Ma egli rispose loro: “Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato”. (Mt 12, 1-8)


Un nodo cruciale per il confronto tra Gesù e i rappresentanti del giudaismo era costituito dal precetto del riposo sabatico, considerato uno dei più sacri e rigorosi. Gesù non ne contestava la validità, ma si opponeva all’interpretazione rigida e legalistica che ne davano i farisei. Fra le 39 opere considerate proibite in giorno di sabato rientrava anche la trebbiatura. Ora, per la casistica rabbinica, il gesto di svellere e stropicciare alcune spighe per mangiarne i grani e sfamarsi era assimilato alla trebbiatura. Quindi i discepoli di Gesù violavano il sabato. Avendo però seriamente bisogno di cibo, i discepoli erano in una

condizione assimilabile a quella del Re Davide, quindi in caso di necessità urgente, si è dispensati dall’osservare il sabato. Matteo adduce un’altra motivazione, perché l’importanza del servizio al tempio consentiva ai sacerdoti di lavorare anche di sabato. Siccome nella persona di Gesù è presente Dio in modo più reale ed eccelso che nel tempio di Gerusalemme, a maggior ragione i discepoli al suo servizio erano dispensati dalla prescrizione del riposo sabatico. La terza motivazione è quella più sottolineata da Matteo.

Dio ha compassione dell’uomo nell’indigenza, perciò è la misericordia di Dio che deve determinarne il comportamento etico subordinando a questo suo volere tutti gli altri comandamenti: l’amore verso l’uomo prevale sul dovere rituale in onore di Dio. Il rischio connesso a questa pratica cultuale è di ridurre la religione ad un minimo morale, legato a sacrifici esteriori, vissuti senza contatto cuore a cuore con la persona vivente e affascinante del Signore Gesù, con quel desiderio ardente di conformazione a Lui. È un rischio che si insinua silenzioso anche in persone avanzate nella fede, su cui vigilare sempre, agendo con chiara tensione alla volontà del Padre. Innanzi a Dio contano i pensieri del cuore. Sono i sentimenti profondi che ti hanno abitato: quale “sentire” ha accompagnato il tuo “agire”? che colore hanno avuto i vari momenti della tua giornata? gioia o tristezza, ricordo o dimenticanza, gratitudine o orgoglio, fiducia o sfiducia, depressione nel proprio io o entusiasmo in Dio?


San Bonaventura Vescovo e dottore della Chiesa

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