Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchie hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca! Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. (Mt 13, 10-17)
I richiami di Gesù sono un pro memoria ricorrente per evitare certe stasi nella vita religiosa. Purtroppo vi sono dei momenti di scadimento in cui non sembriamo cattolici credenti ma quasi super adattati, in modo da trasformare il cristianesimo nell’alfabeto delle nostre frustrazioni e nevrosi, usando i riti, le preghiere, la morale solo per autocommiserarci, farci del male e farlo anche agli altri.
Ci comportiamo come quando ordiniamo in modo rigoroso gli oggetti della nostra scrivania o i libri in biblioteca pensando che apparendo in questo modo si sia una persona migliore. In realtà sono soltanto la misura delle nostre nevrosi. Addirittura ritualizzate in un certo ordine estetico.
Capita spesso di dover accennare a queste situazioni, dovute non tanto a effettiva malvagità, quanto a quel calo di vigilanza che rivela come tutti abbiamo la capacità di camuffarci, di autogiustificare le nostre rilassatezze e di “fare come lo struzzo”, pur di non guardare la realtà. Quindi giova che periodicamente Gesù, “ci racconti le cose come stanno” e minacci con il suo trinomio classico: “Guai a voi”. È come una forma esorcistica che ti scuote, affinché riprendi un autentico cammino di fede. Quando crediamo a tal punto da non volerci confrontare con nessuno, è bene diffidare.
La fede non deve mai far perdere di vista l’ovvio, il prossimo che ci vive accanto, la sua dignità e la riflessione ragionevole su tutto quanto facciamo. Nella fede tutto questo viene rafforzato e mai escluso. Se escludiamo, diffidate. Gesù si è incarnato per salvare tutto di noi, ed è sempre meravigliosamente in equilibrio tra vita spirituale e materiale. La logica dell’incarnazione è la logica di chi comprende che lo spazio e il tempo, cioè le situazioni concrete in cui viviamo, sono l‘occasione che ci viene data per rendere davvero culto a Dio. Diluire il senso della sacralità della vita o eludere le circostanze può farci apparire scaltri, ma davanti a Dio nessun cuore è nascosto e a poco servono i sotterfugi dei furbi. Davanti a Dio non regge nessuna maschera, meglio quindi cederla velocemente alla sua misericordia.
(cfr Luigi Maria Epicoco)