Quando fu vicino, alla vista della città pianse su di essa dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace! Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi. Per te verranno giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. (Lc 19, 41-44)
“Non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata” (Lc 19, 44). Gerusalemme ha smarrito la strada che porta alla pace. La parola di Gesù assume la forma di una tragica profezia: non avendo riconosciuto la visita di Dio, sarà costretta a subire la violenza degli uomini: ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte; distruggeranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra” (19, 43-44). Queste parole troveranno compimento nell’anno 70 quando il Tempio fu distrutto dai Romani. Una ferita che non si è mai rimarginata perché il Tempio non è stato mai ricostruito. E non potrà più esserlo. Tutto non accade per una triste e drammatica fatalità ma è la diretta conseguenza del peccato. Quando l’uomo non riconosce e non accoglie Dio, è costretto a contare sulle sole sue forze e sperimenta tutta l’intrinseca fragilità della condizione umana. Gesù piange su Gerusalemme ma piange anche sulle nostre città affidate ad una politica che, per principio, rifiuta Dio, non riconosce a Dio alcun diritto di cittadinanza. Anzi lo considera come un ostacolo al bene comune. Una visione scandalosamente di parte che viene propagandata come l’unica che si pone al di sopra delle parti. In realtà tutti sappiamo che quando manca la preghiera tutte le relazioni diventano difficoltose. Non sopportiamo più i nostri limiti e difetti, né tanto meno quelli del prossimo. Tutto diventa troppo pesante, lo studio, il lavoro, la famiglia. Quando un simile stato spirituale si diffonde, allora crolla una nazione e causa guerre e crisi economiche.
Eugene Ionesco, uno dei maggiori drammaturghi contemporanei (1900-1994), ha dichiarato: “Mi creda: non è possibile un’umanità senza Dio. Io non so se credo in Dio; so con sicurezza che Dio mi manca”. Il vangelo ci consegna una pagina carica di angoscia. Ma noi sappiamo che la sofferenza non può e non deve avere l’ultima parola. Le tragedie accompagnano anche il nostro tempo e spesso restano nelle pagine della cronaca e/o della memoria. Non basta sopportare il male in attesa dei tempi migliori. Non è sufficiente nemmeno reagire con determinazione. Dobbiamo cercare di capire quale parola Dio vuol comunicare attraverso queste pagine dolorose della storia collettiva e personale. Gli eventi diventano un’occasione per interrogarci sul senso della vita e suscitare una sincera conversione. È quello che oggi chiediamo con la certezza che solo con Dio rifiorisca il deserto. La sua misericordia ci segue sempre ed è immensamente creativa.
(cfr. www.puntofamiglia.net)