Giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo. Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio» (Mc 8,22-26).
I miracoli compiuti da Gesù sono un aiuto immediato per sollevare i malati dalla condizione di sofferenza in cui si trovano, ma soprattutto costituiscono la prova chiarissima che ormai il regno di Dio entra nuovamente nella vita degli uomini e li libera dalla tirannia del nemico della natura umana che li aveva precipitati nell’ignoranza, nella malattia e nella morte. È sicuramente una liberazione gratuita, ma essendo il frutto della Redenzione compiuta da Gesù con la sua morte e risurrezione, è necessario che si entri con la fede nel mistero di Cristo, nel sacrificio dell’Amore da Lui compiuto nel suo Mistero pasquale. Per questo motivo Gesù insiste, in occasione del compimento dei suoi miracoli, nel raccomandare di evitarne la facile propaganda e chiama tutti piuttosto a credere in Lui che si avvia alla morte in croce preannunciandola, più d’una volta, a scanso di facili vacui entusiasmi ed equivoci fuorvianti.
In questa luce comprendiamo che la gradualità della guarigione del cieco di Betsaida non è dovuta alla difficolta del caso o alla necessità di un maggiore dispiegamento di forza da parte di Gesù. Dipende invece dalla fede annebbiata del cieco e da quella ancora molto titubante dei discepoli che, pur avendo intravisto con Pietro che Gesù è il Cristo, non se la sentono di accettare che debba morire sulla Croce. Pertanto il Maestro mette in atto un intervento catechistico formativo che introduce dall’esterno verso l’interno i catechizzandi, il cieco da guarire e i discepoli dei quali sta curando la formazione. I catechisti della Nuova Evangelizzazione, con la Chiesa, introducono i nuovi catechizzandi o catecumeni nel sacrificio dell’Amore praticando lo stesso metodo della cura graduale, adottato da Gesù, senza perdere di vista la dinamica della croce gloriosa. Questa introduzione alla fede in Gesù Cristo, comporta un paziente e costante impegno a far conoscere i Misteri della fede dottrinalmente, a farli gustare nella Liturgia dei Sacramenti e nella Spiritualità o pietà cristiana e finalmente a viverli e favorirne l’assimilazione nella pratica dei Comandamenti sia individualmente che socialmente.