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Il pensiero del giorno

1 Marzo 2023 - Autore: Don Andrea Nizzoli

Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: “Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona. (Lc 11, 29-32)




                                  

In Giona si potrebbero riconoscere tutti i religiosi Ebrei che dopo l’esilio babilonese si radunarono intorno al tempio di Gerusalemme, che nutrivano in cuor loro sentimenti nazionalistici e disprezzavano i popoli stranieri. Il libro di Giona dunque è una parabola analoga alle parabole del vangelo. Racconta non ciò che è stato, ma ciò che esiste dentro di noi e di cui dobbiamo diventare consapevoli.

Giona non accetta di predicare il perdono di Dio a genti straniere 

Il rifiuto di Giona è un’immagine di chiusura agli altri. Giona pensa che la benedizione divina sia riservata solo ai suoi connazionali. Una posizione giustificata; gli Ebrei erano gli unici a possedere la rivelazione del vero Dio. I profeti Isaia, Geremia, Ezechiele tuonavano contro i pagani e invocavano su di loro la punizione di Dio, perché perseguitavano il popolo eletto e profanavano il tempio. Ma nonostante Dio voglia punirli per la loro malizia, non intende distruggerli. Vuole solo convertirli, ed è per questo che Giona è inviato a predicare.

Nella storia della Chiesa si verifica una situazione analoga all’inizio del quinto secolo, quando i barbari attaccarono l’impero romano e Alarico (Re dei Visigoti) e le sue truppe invasero e devastarono Roma. In quella situazione i cristiani si resero conto di non essere più in grado di opporsi ai barbari con le armi: l’unica via di salvezza era che il popolo barbaro si convertisse. Così nasce l’Europa cristiana: Roma imperiale non ha più strategie militari per resistere ai barbari, ma ha missionari che portano loro il vangelo. Spesso, nella storia della Chiesa, si è ripetuta una simile situazione. Possiamo estendere questa contingenza anche alla vita odierna della chiesa, dove strategie pastorali risolutive non se ne vedono. Tutto dipende dalla pace di Cristo e dalla bellezza che ne deriva, la quale conviene ed è di rigore oggi, che sia indossata e vissuta da ogni battezzato, con tutto il fascino divino che rivela la presenza del Santo Spirito, unico autore della conversione del cuore.

(cfr. T. Spidlik – Il vangelo di ogni giorno – Vol 2 – p. 23-24)

San Felice III (II) Papa

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