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Il pensiero del giorno

9 Aprile 2023 - Autore: Don Andrea Nizzoli

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. (Gv 20, 1-9)


                                  

La liturgia ci accoglie in questa santa assemblea con lo slancio e il giubilo che non conosce stanchezza: “Esulti il coro degli angeli, gioisca la terra inondata di tanto splendore: la luce del re eterno ha vinto le tenebre del mondo.” Con queste parole, nell’Exultet, il canto d’ingresso della liturgia della notte,la Chiesa ha cantato al mondo la sua fede e la sua gioia nella veglia pasquale. E ora vuole trascinare anche noi in un impeto di gioia: “Questo è il giorno che ha fatto il Signore, esultiamo insieme” (Salmo responsoriale). L’Alleluja è il grido con cui ininterrottamente, dai tempi di Cristo, si esprime il giubilo pasquale. È il “cantico nuovo” dei salvati. Esso significa tante cose: lodate Dio; Dio è grande; Dio ha fatto cose grandi; noi siamo nella gioia. Ripetiamolo con trasporto ogni volta che la liturgia ce lo mette sulle labbra. Cantarlo significa imparare il linguaggio dei beati, significa partecipare già alla Pasqua eterna.

All’inizio della Messa, lo stesso Risorto ci è venuto incontro in una specie di “epifania cultuale” e noi abbiamo udito la sua voce: “Sono risorto e di nuovo sono con te”. Sì, egli è risorto ed è di nuovo con noi. “È risorto!”, surrexit: il cuore del mistero e dell’annuncio cristiano è tutto in quest’unica parola. Il Vangelo ce lo ha fatto udire sulla bocca dell’angelo: “Presto, andate a dire ai suoi discepoli: è risorto dai morti e ora vi precede in Galilea. Là lo vedrete” (Mt 28, 7). “La fede dei cristiani – dice sant’Agostino – è la risurrezione di Cristo” (Enarr. Ps. 120,6). Che Cristo sia morto, tutti lo credono, anche i pagani; anche lo storico romano Tacito sapeva che sotto Ponzio Pilato era morto “un certo Cristo”. Che egli sia risorto, con l’anima e il corpo, solo i cristiani lo credono e non si è cristiani senza crederlo.

(cfr. R. Cantalamessa – La parola di Cristo – Ed San Paolo – p. 72-73)

Pasqua di Risurrezione del Signore

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