In quel tempo Gesù disse: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”. (Mt 11, 25-30)
Quanto è duro esaurire il nostro spirito di autosufficienza, prendere coscienza delle proprie ferite, rinunciare a “bastare a sé stessi”. C’è una inaudita promessa da parte di Gesù in questo breve brano: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò”. Chi, al mondo, ha mai potuto pronunciare una simile affermazione? Non esiste un male che vicino a me non diventi una benedizione. Tanti umanisti hanno solcato la storia, ma il cuore dell’uomo rimane un problema irrisolto. Solo uno che trascende le generazioni e il cosmo – il Signore del creato – può consolare senza riserve ogni pena che affatica e opprime, anche senza togliere nessuno dalla fatica e dalla responsabilità di vincere il male del mondo, cioè ciò che affatica e opprime. Questo fatto, impossibile alle forze umane, si realizza regolarmente vicino all’uomo della croce. Chi va a Lui come al “Salvatore”, di cui riconosci l’esigenza – a cui affidi la tua vita – ne esce sempre rinfrancato da una speranza nuova. Chi veramente va a Lui in verità?
Coloro ai quali il Padre si rivela: “Nessuno viene a me, se il Padre mio non lo attira” (Gv 6, 44). Il Padre non attira sapienti e intelligenti, che spesso non negano affatto Dio e la sua esistenza, ma piegano Dio alle loro scelte, illudendosi che Lui vi abbia posto il timbro. Questo accadde a Nicodemo e al grande intelligente rabbì di Gerusalemme: Paolo di Tarso. Dovettero fare un lungo cammino di discesa, essere disarcionati da cavallo, assaporare l’amarezza della disillusione, innanzi a tanti progetti dove: “invano si affatica il costruttore se Dio non edifica la casa”. Finalmente sono giunti a perdere fiducia nelle loro forze, si sono abbandonati a Dio e ora ”si lascia fare a Lui”. A nessuno è impedito di essere accolto nella vita di Dio e alla sua tenerezza quando riconosce i limiti della sua scienza. Il cristianesimo non si fonda certo sull’ignoranza, la scienza sarà sempre da ricercare e coltivare, edificata sulla virtù dell’umiltà, con cui superiamo superbia e presunzione.