« Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì » (Mc 3,13-19)
Gesù è giunto ad un punto cruciale della sua missione e compie un atto fondamentale, con cui diventa chiaro che non intende portarla termine da solo. Fonda infatti una compagnia di collaboratori che continui la sua opera anche quando « lo sposo sarà […] tolto » (Mc 2,20). Marco sottolinea la solennità di questo atto notando che Gesù « salì sul monte » in modo da collegarlo implicitamente con l’episodio di Mosè che, ricevendo sul monte Sinai le tavole della Legge, dà origine al popolo di Dio: « Mosè salì verso Dio, e il Signore lo chiamò dal monte, dicendo: “Questo dirai alla casa di Giacobbe e annuncerai agli Israeliti: “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatto venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me una proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa”. Queste parole dirai agli Israeliti” » (Es 19,3-6). Lì, sul monte, Gesù « chiamò a sé quelli che voleva », sottolineando che il suo atto obbedisce ad una scelta indipendente da ogni iniziativa umana. « Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga » (Gv 15,16). Non è un caso che ne scelga dodici, il numero dei figli di Giacobbe da cui sono discese le dodici tribù del popolo di Israele (cfr. Mt 19,28; Ap 21,14). Gesù sta costituendo una nuova “leadership”, una nuova classe dirigente per un Israele rinnovato (cfr. Mc 10,42-43) in vista del compimento e del perfezionamento definitivo dell’Alleanza con la sua passione. Il fatto che la Chiesa primitiva riconoscesse in questo numero un significato particolare è testimoniato dalla scelta di Mattia per occupare il posto lasciato vuoto dal tradimento e dalla morte di Giuda (At 1,15-26). La scelta dei dodici è differente dalla chiamata dei discepoli. Questa chiamata è un invito universale a seguirlo, mentre gli apostoli costituiscono un gruppo speciale scelto tra i discepoli per partecipare alla missione di Gesù in un modo particolare (Mc 6,7). Apostolo (greco: ἀπόστολος; ebr. שָׁלִיחַ shalìach: inviato con un incarico ufficiale; rappresentante ufficiale dell’inviante) vuol dire ‘inviato’, ‘rappresentante’. Gesù sintetizza le sue caratteristiche in due parole « perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni ». Essere apostolo comporta innanzitutto una intimità con la persona di Gesù. Una intimità per così dire “ufficiale”, senza la quale la sua missione non avrebbe efficacia (cfr. Gv 15,4-7), indipendente di per sé dalle sue qualità personali: istruzione, eloquenza, simpatia, “carisma”. Comporta poi l’essere mandato a predicare e a scacciare i demoni. Due cose che vanno insieme nel ministero di Gesù (Mc 1,39) e costituiscono per così dire due aspetti inseparabili (Mc 1,27), perché il Demònio insidia continuamente gli uomini per distoglierli dall’ascoltare la Parola di Dio e per falsificarne la comunicazione. « Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna » (Gv 8,44). Questo particolare potere contro la menzogna che deve accompagnare costantemente la predicazione del Vangelo per assicurarne l’efficacia concreta è quello che il linguaggio della Chiesa ha successivamente chiamato “assistenza dello Spirito Santo” o anche “infallibilità”. Gesù ha lasciato agli apostoli la sua stessa autorità a cui appartiene anche il potere esorcistico. Questo potere garantisce in senso largo la capacità di mantenere la predicazione esente dalle falsificazioni del Maligno, in senso stretto quella di cacciarlo quando invade le persone e, in qualche modo, se ne impossessa. Potere che non deriva dalle qualità dell’esorcista ma dall’autorità che il vescovo gli trasmette, tutta radicata nell’autorità di Colui che ha vinto Satana (1Gv 3,8). Amiamo i vescovi perché sono i successori degli apostoli e detentori della stessa autorità di Gesù! Preoccupiamoci che quanto pensiamo e affermiamo a proposito del Vangelo sia in conformità con quanto il Magistero vivente della chiesa oggi insegna, per essere sicuri di non diventare mai figli (seguaci) del Diavolo.