« Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane”. Ma egli rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio “. Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra “. Gesù gli rispose: “Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo “. Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: “Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”. Allora Gesù gli rispose: “Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto “. Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano » (Mt 4,1-11)
Tutta la vita di Gesù deve essere interpretata come una lotta contro Satana. È per questa ragione che, all’inizio del ministero pubblico di Gesù, subito dopo il Battesimo, i tre vangeli sinottici (Marco, Matteo e Luca) pongono il racconto della lotta vittoriosa che Gesù conduce nel deserto contro Satana. Una lotta che è come la preparazione dello scontro definitivo che culminerà nella Passione. Si tratta di un evento molto misterioso. Lo storico si trova qui davanti a qualcosa di molto imbarazzante: « molti critici » provano « uno sconcertante imbarazzo per il racconto delle tentazioni » e deve confessare che « qualsiasi giudizio sulla storicità dell’evento è estremamente difficile » (John P. Meier, A marginal Jew, rethinking the historical Jesus, vol. 2, Yale University Press, New Haven-London 1994, p. 237, nota 1). Una volta c’era a disposizione la facile scappatoia del racconto leggendario. Perché leggendario? Perché tutto intessuto di simboli. Oggi però gli studiosi seri sanno che non sarebbe scientifico cavarsela così a buon mercato. È evidente che qui l’unico testimone possibile è Gesù stesso. Che Gesù abbia raccontato ai suoi discepoli l’essenziale di questa avventura è più che verosimile e anche che questo sia avvenuto prima della Pasqua. Delle tracce le troviamo nella risposta di Gesù alla “tentazione” di Pietro: « Va’ dietro a me, Satana! » (Mc 8,33). Gesù risponde quasi con violenza alla proposta di Pietro di evitare l’umiliazione della Croce, perchè vi riconosce le stesse intenzioni del nemico. Che questo scontro sia già avvenuto e si sia risolto in una vittoria, anche se gli effetti si dovevano ancora manifestare appare con chiarezza nel detto dell’ “uomo forte”: « Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino » (Lc 11,21-22). Marco si limita a narrare il fatto in poche parole, mentre Matteo e Luca lo raccontano più dettagliatamente con una unica differenza: in Luca la seconda tentazione di Matteo diventa la terza. Il digiuno di Gesù è veramente straordinario perché è totale e – ancor più straordinario – è solo alla fine che incominciò ad aver fame. « In precedenza, dunque, non sentì egli lo stimolo della fame? Passò egli forse la quadragesima in condizioni di estasi così alta ed astratta, che i procedimenti organici della vita fisica erano quasi sospesi? Sono domande, queste, a cui lo storico non ha elementi da rispondere, e lascierà liberamente il campo, più che al teologo, al mistico » (Giuseppe Ricciotti, Vita di Gesù Cristo, § 272, Oscar Mondadori, p. 296). Perché Gesù ha raccontato questa lotta vittoriosa con il Demònio? Evidentemente per rafforzare i discepoli nella lotta che anche loro avrebbero dovuto sostenere. In che cosa la vittoria di Gesù è stata decisiva? Nel suo digiuno miracoloso (1a tentazione)? Nella sua rinuncia al successo, agli applausi (2a tentazione)? Nella sua rinuncia al potere (3a tentazione)? In nessuna di queste prestazioni. Gesù semplicemente accetta la sua missione, la sua “vocazione”, che è consistita nel portare Dio al mondo. Il suo compito non era portare benessere (trasformare le pietre in pani); stabilire la giustizia con la forza – essere il “castigamatti”; raccogliere consensi con gesti stupefacenti – fare il “pifferaio magico”. La sua missione era, con la sua vita e la sua persona, di portare Dio, il resto doveva venire in sovrappiù. Satana “tenta” di convincerlo. “Con il mio aiuto puoi fare dei miracoli tali da <costringere> gli uomini a seguirti”. Gesù rifiuta e compie il miracolo decisivo – che Satana non può neppure capire –: porta l’Amore misericordioso infinito che non costringe nessuno ma, se appena appena gli apri il cuore, ti affascina, ti conquista e ti trasforma. Dio e la sua misericordia in questo mondo di peccato comportano sofferenza, ma è una sofferenza vittoriosa. Una sofferenza fatta soprattutto di umiliazione. In questo senso il sacrificio della Croce è stato il supremo esorcismo (cfr. Meier, Ibidem). Se ci pensiamo bene questa è anche la nostra missione. L’ha riassunta molto bene papa Francesco: dobbiamo « convertirci da un dio dei miracoli al miracolo di Dio, che è Gesù Cristo ».