« Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: “Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona » (Lc 11,29-32)
La « generazione malvagia » cerca un segno. Un miracolo straordinario, una dimostrazione ineccepibile, che tolga ogni possibile dubbio. Vorrebbe insomma credere, senza però voler credere. Consentire senza dover amare. Questo tipo di inevitabile sottomissione al “segno” di Dio è quella fede che hanno anche i demòni e che non è, ovviamente, affatto invidiabile: « Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano! » (Gc 2,19). Questo “segno” un giorno sarà dato, quando il Signore verrà alla fine dei tempi, sarà una “parola” di un’evidenza tale che ad essa nessuno potrà resistere: « Allora l’empio sarà rivelato e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta » (2Ts 2,8). Il “soffio della bocca” del Verbo sarà la sua parola di Verità a cui nessuna menzogna, nessuna astuzia, nessun abile artificio di logica naturale sarà in grando di contrapporsi e di sfuggire: « Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco; colui che lo cavalcava si chiamava Fedele e Veritiero: egli giudica e combatte con giustizia. I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all’infuori di lui. È avvolto in un mantello intriso di sangue e il suo nome è: il Verbo di Dio. Gli eserciti del cielo lo seguono su cavalli bianchi, vestiti di lino bianco e puro. Dalla bocca gli esce una spada affilata, per colpire con essa le nazioni. Egli le governerà con scettro di ferro e pigerà nel tino il vino dell’ira furiosa di Dio, l’Onnipotente. Sul mantello e sul femore porta scritto un nome: Re dei re e Signore dei signori. Vidi poi un angelo, in piedi di fronte al sole, nell’alto del cielo, e gridava a gran voce a tutti gli uccelli che volano: “Venite, radunatevi al grande banchetto di Dio. Mangiate le carni dei re, le carni dei comandanti, le carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli uomini, liberi e schiavi, piccoli e grandi”. Vidi allora la bestia e i re della terra con i loro eserciti, radunati per muovere guerra contro colui che era seduto sul cavallo e contro il suo esercito. Ma la bestia fu catturata e con essa il falso profeta, che alla sua presenza aveva operato i prodigi con i quali aveva sedotto quanti avevano ricevuto il marchio della bestia e ne avevano adorato la statua. Ambedue furono gettati vivi nello stagno di fuoco, ardente di zolfo. Gli altri furono uccisi dalla spada che usciva dalla bocca del cavaliere; e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni » (Ap 19,11-21). Ma ora ai malvagi non viene dato il segno che loro chiedono, ma viene dato il « segno di Giona ». Qual’è questo segno di Giona? Il libro di Giona è un testo scritto molto probabilmente dopo l’esilio, in cui l’ignoto autore descrive la sua esperienza di dubbio e di travaglio interiore che sfocia nella felice soluzione che Dio infine gli rivela (qualcosa di molto simile al libro di Giobbe). A questo pio e saggio israelita riesce molto difficile pensare che le genti, i popoli di cui ha fatto terribile esperienza, in particolare a Babilonia, possano essere amati da Dio e addirittura da Lui salvati. “È mai possibile che ci sia salvezza anche per questi farabutti?”. Compone un libro rifacendosi ad un profeta vissuto qualche secolo prima (2Re 14,25) che è un racconto, non storico ma profetico. Dio manda Giona, assolutamente riluttante, a predicare a Ninive, annunciando la sua distruzione (tra quaranta giorni), Ninive però si converte e il castigo annunciato non avviene. Il profeta ci rimane assolutamente male e soffre di questo perdono, finché Dio non gli fa capire la grandezza della sua misericordia. Questo è il “segno di Giona” che Gesù compie con la sua vita, con la sua morte e resurrezione, che sono il suo Vangelo. In questo tempo intermedio tra le due venute del Signore siamo invitati ad accogliere con umiltà l’invito alla conversione che ci è proposto, come gli abitanti di Ninive. La conversione non ci è scaraventata addosso, richiede la nostra accoglienza, così come la Salvezza o la Condanna. Se chiudiamo il nostro cuore, non sarà lui a condannarci, ma la Parola di verità uscita dalla sua bocca. Perché Dio non dà un segno assolutamente evidente ed inequivocabile che garantisca ora, adesso, la sua rigorosa giustizia? Perché aspetta? Perché « Dio è Amore » (1Gv 4,8.16) e l’amore non si impone.