« Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé » (Gv 19,25-27).
La consacrazione a Maria non è un atto isolato, ma l’espressione di una scelta di vita. Si tratta di vivere perfettamente le parole del discepolo ai piedi della Croce: « il discepolo l’accolse con sé ». La vecchia traduzione non era delle migliori: «il discepolo la prese nella sua casa» ed è stata infatti corretta. Il testo greco dice così: « ἔλαβεν ὁ μαθητὴς αὐτὴν εἰς τὰ ἴδια ». Letteralmente: «accolse il discepolo lei nelle sue [cose] proprie». «τὰ ἴδια» sono le proprietà, i possessi di una persona. Io possiedo delle cose esterne: denaro, una automobile, dei libri, ecc. Delle cose che sono ancora più «mie»: il mio corpo, le mie facoltà, i miei meriti, me stesso.
Posso accogliere Maria in tutte queste cose, facendo sì che lei vi partecipi. Per es. sforzandomi di imitarla nel modo di gestire tutte queste cose, o chiedendo aiuto a lei per la stessa ragione. Ma c’è un modo più perfetto di tutti: dare a lei tutto, in modo tale che sia sua proprietà e comportandomi di conseguenza, cioè trattando queste «cose» come se non fossero più mie, ma sue… Questo è certamente il modo più perfetto di accoglierla. Posso accogliere una persona nella mia casa cercando di essere molto cortese con lei. Posso fare una passo avanti, cercando di farla sentire come di famiglia, dicendole per es. – non solo a parole… – «fai come se fossi in casa tua».
Posso arrivare all’eccesso di dare a lei le chiavi di casa e la proprietà… Più di così non si può. Con un’altra persona sarebbe esagerato, ma non lo è con Maria. Il Vangelo ci propone l’esempio di Giovanni, ma non pone limiti nell’imitarlo. Ho detto che «con un’altra persona sarebbe esagerato». Tuttavia – tanto per rimanere ancora nell’ordine degli esempi – se mia madre entrasse nella mia camera non le direi neppure «fai come se fossi in casa tua», sarebbe quasi offensivo dirle così. Nel momento in cui entra è casa sua. A maggior ragione se chi entra nel mio spirito è la mia Madre spirituale. Questo è il nocciolo. Certamente esso si esplica in tanti atteggiamenti concreti.
Possono essere svariati: recitare il rosario, tenere un po’ di fiori freschi davanti alla sua statuetta, portare al collo una medaglia con la sua immagine, ecc. L’importante però è comprendere l’opzione fondamentale che ne deve esserne la radice. Se questa manca le devozioni restano delle esteriorità. Tuttavia le devozioni servono a nutrirla e ad accrescerla. La consacrazione è la Devozione che anima le devozioni. L’essenziale, come sempre, non sta nelle cose che facciamo, ma in quello che siamo. Se il nostro cuore è veramente casa sua, allora il nostro essere diventa un “essere Maria”. Il nostro vivere un “respirare Maria”. In tutte le situazioni, senza neppure accorgercene, noi “siamo Maria”.