« Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà [Sal 69,10]. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù » (Gv 2,13-22).
È facile arrabbiarsi in questo mondo. A volte si tratta di un’ira in sé ingiusta, ma a volte ci sembra pienamente giustificata. San Paolo dice di non dare corda a questo sentimento dell’ira, perché se accolto non è positivo in quanto ci mette in sintonia con i sentimenti del Diavolo. « Adiratevi, ma non peccate; non tramonti il sole sopra la vostra ira, [e] non date spazio al diavolo » (Ef 4,26-27). Ho messo l’ “e” che c’è nella traduzione italiana tra parentesi quadre, perché potrebbe essere tranquillamente omesso (in greco c’è solo un timido “δέ”). San Paolo infatti non sta cambiando argomento, ma tirando una conseguenza: se date corda all’ira vi mettete in sintonia con il Diavolo. Niente più dell’ira predispone alla ribellione… Quando in una famiglia, in una comunità, in un rapporto personale, si fa spazio all’ira si diffonde come per incanto una atmosfera “elettrica” in cui capirsi diventa difficile, per non dire impossibile, perché si è divisi “a priori”, schierati gli uni contro gli altri, ciascuno con le sue ottime ragioni…
In questa atmosfera il Diavolo, il “divisore” (greco “diábolos”, letteralmente ‘separatore’ dal verbo diabállein ‘gettare – bállein’ ‘attraverso – diá’) vince. Così però si torna indietro, all’uomo o alla donna vecchi, ai quali col Battesimo abbiamo rinunciato: « […] voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste, alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle Potenze dell’aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli » (Ef 2,1-2). Ma non ci può essere una santa ira? Come quella di Gesù quando scacciò i mercanti dal tempio (Gv 2,14-17)? L’ira è una passione: in sé non è né cattiva né buona. L’importante è che non diventi mai il motivo del nostro agire. L’amore è la “forma” di ogni virtù cristiana, cioè il motivo vero e profondo. Gesù, se ha preso delle cordicelle e le ha usate come fruste era mosso dall’amore.
La passione dell’ira non era “subita”, ma “usata”. Un papà e una mamma a volte devono sgridare il loro bambino: mai però mossi dall’ira… Il buonismo è un amore solo apparente, perché il suo motivo nascosto è la voglia di non avere grane. Come il cattivo genitore che non sgrida il piccolo che non obbedisce, perché vuole starsene tranquillo… Arrabbiati pure, è umano, ma poi nel silenzio rifletti, prega, e lasciati guidare solo dalla tua ragione, dalla tua fede e dall’amore che ne scaturisce. Forse è giusto che gli molli una sberla (cfr. Pr 13,24): ma mai per dare “sfogo” all’ira… « l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio »