« Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: “Rabbì, quando sei venuto qua?”. Gesù rispose loro: “In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo”. Gli dissero allora: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?”. Gesù rispose loro: “Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato” » (Gv 6,22-29).
Il cibo terreno è necessario per sostenere la vita di questa terra, ma non è sufficiente per darci una vita soprannaturale e per darci la forza di superare la morte. Solo Gesù ci può dare un nutrimento tale da soddisfare la nostra fame spirituale e donarci una vita che vada oltre la morte. È questo cibo che dobbiamo cercare. Come? Rendendoci conto che il cibo terreno è solo un “segno”. Mangiare è un’attività che dobbiamo fare in modo umano e non animalesco, incastonando il nostro prender cibo all’interno della preghiera. In ogni casa cristiana non si dovrebbe prender cibo senza il necessario ringraziamento a Dio. Esiste un rapporto profondo e misterioso tra il prender cibo e la vita spirituale.
Esso si manifesta in molti modi: dal valore del digiuno, al mangiar cibi cucinati in modo straordinario nei giorni di festa. Dal mangiare in compagnia come atto particolarmente significativo di amore fraterno, al preoccuparsi che i poveri abbiano cibo e i soli e gli “scartati” possano essere accolti alla nostra tavola. Che il cibo sia importante è sottolineato da un fatto straordinario: Gesù si fa cibo per noi nel mistero dell’Eucarestia. Che questo mangiare non sia soltanto “simbolico”, nel senso vuoto del termine, è significato spesso in modo miracoloso nelle vite dei santi. Marta Robin (1902-1981), di cui è in corso la causa di beatificazione, dal 25 marzo 1928 quasi completamente paralizzata, non fu più in grado di assumere cibo e neppure di bere, assumendo soltanto l’ostia consacrata una volta alla settimana, inoltre non dormiva più e doveva restare al buio in quanto ipersensibile alla luce: tutte queste condizioni durarono per oltre cinquant’anni, compresa l’assunzione soltanto di un’ostia alla settimana, fino alla morte. Marta ha anticipato quaggiù la vita dei risorti, che non avranno più bisogno di cibo nutriti ormai dalla vita stessa del Verbo di Vita.