« Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo » (Gv 6,44-51).
La fede di cui parla Gesù comporta un ascoltare la parola annunciata da qualcuno autorizzato a farlo (Rm 10,13-15), ma implica anche un rapporto diretto con la Verità che è Dio stesso. Con la presenza nel mondo della Parola stessa di Dio si compie quanto annunciato dai profeti: « tutti saranno istruiti da Dio ». « Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato” » (Ger 31,34; Is 54,13).
La Parola fatta carne è ormai presente in mezzo a noi: Gesù ci ha lasciato una presenza sacramentale che non ci abbandonerà più fino al suo ritorno a conclusione della storia. « È oltremodo conveniente che Cristo abbia voluto rimanere presente alla sua Chiesa in questa forma davvero unica. Poiché stava per lasciare i suoi sotto il suo aspetto visibile, ha voluto donarci la sua presenza sacramentale; poiché stava per offrirsi sulla croce per la nostra salvezza, ha voluto che noi avessimo il memoriale dell’amore con il quale ci ha amati “sino alla fine” (Gv 13,1), fino al dono della propria vita. Nella sua presenza eucaristica, infatti, egli rimane misteriosamente in mezzo a noi come colui che ci ha amati e che ha dato se stesso per noi [cfr. Gal 2,20], e vi rimane sotto i segni che esprimono e comunicano questo amore: “La Chiesa e il mondo hanno grande bisogno del culto eucaristico. Gesù ci aspetta in questo sacramento dell’amore. Non risparmiamo il nostro tempo per andare ad incontrarlo nell’adorazione, nella contemplazione piena di fede e pronta a riparare le grandi colpe e i delitti del mondo.
Non cessi mai la nostra adorazione” [Giovanni Paolo II, Lett. Dominicae cenae, 3]. “Che in questo sacramento sia presente il vero Corpo e il vero Sangue di Cristo “non si può apprendere coi sensi, dice san Tommaso, ma con la sola fede, la quale si appoggia all’autorità di Dio”. Per questo, commentando il passo di san Luca 22, 19: “Questo è il mio Corpo che viene dato per voi”, san Cirillo dice: Non mettere in dubbio se questo sia vero, ma piuttosto accetta con fede le parole del Salvatore: perché essendo egli la verità, non mentisce” [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei, che cita San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, III, 75, 1; cfr. San Cirillo d’Alessandria, Commentarius in Lucam, 22, 19: PG 72, 921B]. “Adoro te devote, latens Deitas. . . Ti adoro con devozione, o Dio che ti nascondi, che sotto queste figure veramente ti celi: a te il mio cuore si sottomette interamente, poiché, nel contemplarti, viene meno.
La vista, il tatto e il gusto si ingannano a tuo riguardo, soltanto alla parola si crede con sicurezza: Credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio: nulla è più vero della sua parola di Verità” » (Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1380-1381). Questa presenza è quella che fa la Chiesa, che la rende così forte e – letteralmente – indistruttibile (Mt 16,18: « le potenze degli inferi non prevarranno su di essa »). Le nostre chiese di pietre o di mattoni ne sono il simbolo: senza la luce rossa che denuncia questa presenza, per quanto belle e robuste siano, si riducono ad essere dei capannoni…