« Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!” » (Lc 11,27-28).
Davanti alla persona di Gesù le folle e i discepoli erano presi da un grande stupore. Qualche volta questo stupore prorompeva in esclamazioni spontanee e ingenue, ma non per questo meno vere, come quando una donna un giorno gridò: « Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato! ». Lo stupore nasceva dalla bellezza e dalla potenza delle sue parole, dalla sovranità sulle cose e sulle malattie che dimostrava con i suoi miracoli, dall’autorità che aveva sulle forze del male, dalla sua bontà, dal suo portamento, dai suoi gesti… Toccò il culmine quando, alcuni – i prediletti –, poterono assistere allo sconvolgente spettacolo di una luce soprannaturale e quindi indescrivibile che, per così dire, “filtrava” attraverso la sua carne e ne rivelava la sua divinità: la “trasfigurazione” (cfr. Mt 17,1-13; Mc 9,2-13; Lc 9,28-36).
Lo stupore nasceva proprio da questo: dall’intravvedere il mistero di Dio attraverso la sua carne, cioè la sua umanità, che – in quanto tale – era fragile e passibile come quella di ogni altro uomo. Morto, risorto e salito al cielo Gesù non ci ha abbandonato. È attraverso la carne che ci ha salvato: «egli vi ha riconciliati nel corpo della sua carne mediante la morte, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili dinanzi a lui» (Col 1,22). La carne di Gesù è dunque il fondamento della nostra salvezza: «La carne è il cardine della salvezza» (Tertulliano, cit. in: Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1015). Questa carne salvifica lui – in qualche modo – ce l’ha lasciata: «ciò che era visibile nel nostro Salvatore è passato nei suoi sacramenti» (san Leone Magno, cit. in: Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1115). La parola “sacramento” in san Leone aveva un senso più vasto di quello che gli attribuiamo noi oggi. C’erano certamente i sette sacramenti, ma c’era anche tutta la realtà della Chiesa che è « in Cristo come sacramento » (Lumen gentium 1; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 775). Anche l’autorità di Gesù, quell’autorità che stupiva le folle, dava fiducia e generava la fede, il Signore ce l’ha lasciata nella Sacra potestas (l’ “autorità santa”) affidata alla Chiesa e quindi al suo Magistero. Disse infatti un giorno ad alcuni discepoli da lui designati per la predicazione: « Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me.
E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato » (Lc 10,16). Così come nell’economia del Nuovo Testamento c’è ormai un solo Sacerdote e un solo Sacrificio, di cui i tanti sacerdoti e le tante Messe sono “sacramenti”, così nella Chiesa l’Autorità e il Magistero sono partecipazione all’unica Autorità di Cristo. Che l’autorità sia “unica” è intuitivo: se un parroco disobbedisce al Vescovo, sarà fatalmente disobbedito dai suoi parrocchiani… Se un Vescovo disobbedisce al Papa, sarà a sua volta disobbedito dai suoi sacerdoti. Quando si ferisce l’Autorità, si compromette anche la propria autorità. Forse allora si può meglio comprendere quanto sia stolto contrapporre Papa a Papa e Concilio a Concilio. Chi fa così ha la stessa saggezza di quel boscaiolo che sega il ramo su cui sta seduto…