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Il pensiero del giorno: Lc 11,29-32

15 Ottobre 2018 - Autore: Don Piero Cantoni

« Mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: “Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione. Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone. Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Ninive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona » (Lc 11,29-32).

La « generazione malvagia » cerca un segno. Ma ora ai malvagi non viene dato il segno che loro chiedono, ma viene dato il « segno di Giona ». Qual’è questo segno di Giona? Il libro di Giona è un testo scritto molto probabilmente dopo l’esilio, in cui l’ignoto autore descrive la sua esperienza di dubbio e di travaglio interiore che sfocia nella felice soluzione che Dio infine gli rivela (qualcosa di molto simile al libro di Giobbe). A questo pio e saggio israelita riesce molto difficile pensare che le genti, i popoli di cui ha fatto terribile esperienza, in particolare a Babilonia, possano essere amati da Dio e addirittura da Lui salvati.

“È mai possibile che ci sia salvezza anche per questi farabutti?”. Compone un libro rifacendosi ad un profeta vissuto qualche secolo prima (2Re 14,25) che è un racconto, non storico ma profetico. Dio manda Giona, assolutamente riluttante, a predicare a Ninive, annunciando la sua distruzione (tra quaranta giorni), Ninive però si converte e il castigo annunciato non avviene. Il profeta ci rimane assolutamente male e soffre di questo perdono, finché Dio non gli fa capire la grandezza della sua misericordia.

Questo è il “segno di Giona” che Gesù compie con la sua vita, con la sua morte e resurrezione, che sono il suo Vangelo. In questo tempo intermedio tra le due venute del Signore siamo invitati ad accogliere con umiltà l’invito alla conversione che ci è proposto, come gli abitanti di Ninive. La conversione non ci è scaraventata addosso, richiede la nostra accoglienza, così come la Salvezza o la Condanna. Se chiudiamo il nostro cuore, non sarà lui a condannarci, ma la Parola di verità uscita dalla sua bocca. Perché Dio non dà un segno assolutamente evidente ed inequivocabile che garantisca ora, adesso, la sua rigorosa giustizia? Perché aspetta? Perché « Dio è Amore » (1Gv 4,8.16) e l’amore non si impone.

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