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Il pensiero del giorno: Lc 11,42-46

17 Ottobre 2018 - Autore: Don Piero Cantoni

« Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle. Guai a voi, farisei, che amate i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi, perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo”. Intervenne uno dei dottori della Legge e gli disse: “Maestro, dicendo questo, tu offendi anche noi”. Egli rispose: “Guai anche a voi, dottori della Legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!” » (Lc 11,42-46).

 

Gesù riconosce l’autorità dei farisei e dei dottori della Legge. Per sottolineare e rendere visibile questa autorità c’erano anche degli abiti e degli ornamenti speciali, come, in un esercito, gli ufficiali e i sottufficiali si vestono in modo parzialmente diverso e portano “i gradi”: scialli dotati di frange (tallit o tzitzit) prescritti dalla legge (Nm 15,37-39) e contenitori di cuoio contenenti passi della Legge da portare legati alla fronte o alla mano sinistra durante la preghiera (tefillin o filatteri, cfr Dt 6,8; 11,18). Gesù non rifiuta di essere chiamato Rabbi (letteralmente ‘mio Grande’) e porta anche lui il tallit; quello che sottopone a dura critica è l’ipocrisia che si manifesta soprattutto in due atteggiamenti: la ricerca dell’onore legato alla funzione senza curarsi della responsabilità, del servizio e del sacrificio che implica e, di conseguenza, la durezza nell’imporre agli altri il rigore della legge, senza misurarne in concreto la difficoltà.

È l’atteggiamento caratteristico di chi si lascia andare ad affermazione astratte e particolarmente dure, proprio perché non fa nessuno sforzo serio di praticarle con il cuore, cioè con il proprio impegno concreto, libero e consapevole. Per esempio chi parla con enfasi al bar di calcio tranciando giudizi a destra e a manca, quando non sarebbe capace neppure di dare un calcio ad una palletta da bambini… O chi, sempre al bar, invoca la necessità di una crociata contro l’Islam, a cui naturalmente non ha nessuna intenzione di partecipare (non ne sarebbe neppure capace…). Questo stile, di norma, si accoppia con l’amore esagerato per l’esteriorità, cioè per i titoli o gli emblemi.

Anche qui vale il principio di ordine invocato da Gesù: « Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle » (Lc 11,42). I titoli sono importanti (cristiano, presbitero, vescovo…), ma devono essere riempiti di responsabilità e di spirito di servizio, altrimenti diventano delle trappole per chi li cerca, a volte affannosamente.

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