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Il pensiero del giorno: Lc 19,45-48

23 Novembre 2018 - Autore: Don Piero Cantoni

« Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: “Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri”. Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo » (Lc 19,45-48). 

 

Per gli ebrei il luogo più sacro della terra, dove Dio aveva stabilito la sua dimora, era il Tempio di Gerusalemme. Salomone aveva costruito un magnifico edificio con pietre e travi di cedro importate dal Libano (1Re 6) e lo aveva completato attorno al 950 AC. Il Tempio era rimasto il luogo delle celebrazioni e della devozione di Israele fino alla sua distruzione ad opera dei babilonesi nel 586/7 AC. Venne presto ricostruito: proprio appena prima la nascita di Gesù, il re Erode il Grande diede inizio ad un grandioso progetto di rinnovamento del Tempio. La facciata fu decorata con marmo e oro che risplendeva alla luce del sole e portò l’area sui cui era costruito all’ampiezza di quattordici ettari. Questo fu il Tempio che Gesù conobbe nella sua vita terrena. Le celebrazioni avevano luogo all’aria aperta e i soli sacerdoti avevano accesso al santuario che era abbastanza piccolo.

All’interno del santuario c’era il Santo in cui veniva offerto l’incenso e il luogo più riposto, il Santo dei Santi, separato dal resto con una tenda: il luogo della dimora di Dio. Di fronte al santuario c’era il cortile dei sacerdoti, a cui avevano accesso soltanto i sacerdoti e i leviti e in cui si trovava il grande altare dei sacrifici. Il fumo dei sacrifici offerti ogni giorno era visibile per chilometri all’intorno. Al di là del cortile dei sacerdoti c’era il cortile degli ebrei, in cui poteva entrare ogni uomo d’Israele ritualmente puro. Lì vicino c’era il cortile delle donne: iscrizioni molto ben visibili mettevano in guardia i gentili a non azzardarsi ad entrare, pena la morte. Infine stava la parte più vasta del luogo del Tempio, che era il cortile dei gentili. Circondato da colonnati con nove aperture. Era il luogo in cui le folle dei gentili che, pur non essendo membra del popolo di Israele ne condividevano la fede nell’unico Dio e si sforzavano di praticare i comandamenti, “proseliti” o “timorati di Dio”, potevano entrare e pregare. Provenivano da ogni parte della Palestina e dell’impero romano.

Fu questo cortile che Gesù trovò pieno di mercanti di animali e cambiavalute. Gesù entra nel Tempio come nella sua casa: « […] entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai » (Ml 3,1-2). La presenza dei mercanti e dei cambiavalute era in qualche modo giustificata per fornire ai pellegrini ciò di cui avevano bisogno, ma Gesù esercita qui le sue prerogative reali per ripulire l’area dei gentili da questo mercato, che doveva restare fuori dall’area sacra. Il luogo doveva rimanere luogo di preghiera, di cui non dovevano essere derubate le genti. Ora si realizzava la chiamata universale alla salvezza da parte di Dio stesso: « In quel giorno non vi sarà neppure un mercante nella casa del Signore degli eserciti » (Zc 14,21). Il linguaggio di Gesù era chiaro per chi conosceva le Scritture: è arrivato il padrone del Tempio, è arrivato Dio.

Per tutti il Tempio ormai deve essere un luogo di preghiera, il luogo dove Dio abita e dove lo puoi incontrare. il Tempio è ormai il corpo di Gesù, quindi la Chiesa, quindi l’Eucarestia, quindi il cuore di chiunque con animo sincero lo cerca e gli apre la porta: « Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me » (Ap 3,20). Lasciamoci aiutare da Gesù a liberare il nostro cuore da ogni mercato, perché diventi luogo dell’Amore.

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